In Thailandia è morto il re. Si riapre l’incertezza politica

by Simone Pieranni, il manifesto | 14 Ottobre 2016 8:22

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Jazzista, pittore, semi dio, il monarca più longevo della storia, usurpatore, amato, misterioso calcolatore, anticomunista, opportunista, salvatore del paese, ignobile manipolatore, introverso e re quasi per caso, assassino, il monarca triste, l’ammalato agganciato al potere, il re glamour con la moglie Sirikit, il sovrano «agricoltore» ma poco attento ai diritti umani, il re dell’esercito, il fruitore e fautore di una legge di lesa maestà apparentemente fuori dalle coordinate del mondo contemporaneo.
L’ambiguità di un sovrano si legge nelle tante traiettorie all’interno delle quale rintracciare l’anima del suo regno. Bhumibol forse è stato tutto questo, perché specchio di un paese che, noto dalle nostre parti soprattutto come meta turistica, è in realtà uno dei più caotici per storia e tradizione politica dell’Asia. Toccherà ora ai suoi successori (se ci saranno perché una terribile profezia dichiara che la dinastia regnante thailandese durerà solo per nove sovrani) definire la monarchia di Bhumibol Adulyadej, 88 anni, re con il nome di Rama IX morto ieri. Lascia il paese in preda a un lutto che durerà un anno (e le scuole saranno chiuse per un mese) e a un accenno di isteria dovuto a un futuro che si tinge di tinte fosche dopo un regno interminabile, lungo 70 anni: il più longevo tra le monarchie.

IL RE THAILANDESE è morto in ospedale dove era ricoverato da tempo, così come da tempo in Thailandia si aveva il sospetto che i giochi politici stessero avvenendo – per la prima volta – senza il suo severo e per certi versi introverso controllo. Le agenzie di stampa da Bangkok, nei giorni precedenti il decesso, avevano definito «instabili» le condizioni di salute del re. Migliaia di thailandesi si sono recati a pregare per lui nei templi o hanno stazionato davanti all’ospedale dove era ricoverato. È complicato per un occidentale capire cosa abbia significato per un thailandese il sovrano Rama IX. La sua foto in Thailandia è ovunque, nessuno può negare la sua natura da semidio, guadagnata sfruttando l’anima buddista del paese e creando una sorta di concetto di infallibilità, tramutata poi nella legge di lesa maestà, giustificata come unica soluzione per tenere unito un paese che ha visto decine di colpi di stato e una polarizzazione tra ceti urbani e rurali che ancora non pare essersi assopita, anzi.

LAVORA NELL’OMBRA e sembra pronta a sferrare costantemente i suoi colpi sociali, come dimostrato dalla travagliata carriera politica dei due Shinawatra, che la vulgata popolare, sommessa, nascosta, per non dare nell’occhio, attribuisce proprio alla volontà del sovrano che, pur morente, avrebbe operato alacremente per affossare due governi che mettevano in ombra la sua corona.

Nell’annunciare la morte del re non è stata resa nota la causa del decesso. Nel comunicato si è scritto che il sovrano è spirato «pacificamente» all’ospedale Siriraj della capitale. Analogamente è stato annunciato il suo successore: il figlio 64enne Vajiralongkorn che ha chiesto di posticipare la sua «incoronazione» per poter celebrare adeguatamente il lutto. Si tratta di una successione che apre una prima crepa nel futuro del paese. Il principe, infatti, non è amato.

Re Bhumibol, sfruttando la legge di lesa maestà, divenuta nel tempo uno strumento di controllo sociale, era amato come un semi dio. Nato nel 1927 negli Stati uniti, in Massachusetts, Bhumibol ha studiato in Svizzera ed è diventato re quasi per caso. Il fratello e sovrano Ananda nel 1946 fu trovato morto. Suicidato o ucciso (nel 1955 vennero giustiziati dignitari accusati di averlo ammazzato), si tratta di un mistero che ha ampliato l’ambiguità di un re, Bhumibol, considerato introverso benché amante della musica e della pittura (arti nelle quali per le agiografie, ovviamente, eccelleva). Bhumibol si trovò così a essere il re di un paese in preda a crisi politiche continue. Lui scelse di radicarsi in Thailandia, rinunciando a viaggiare e spostarsi all’estero come aveva fatto in passato. Accettò di diventare un simbolo di unità, privilegiò l’alleanza con gli Stati uniti in funzione anti comunista (e in seguito non battè ciglio quando vennero colpiti proprio i movimenti più a sinistra) ed ebbe il merito di tenere unito un paese altrimenti in preda a costanti sommovimenti. Fu anche capace di guadagnarsi, per certi versi, la stima della Cina.

ALLEATO DELL’ESERCITO, ha saputo unire monarchia e militari in un abbraccio che ancora oggi sembrava garantire stabilità. Ora tocca al figlio, poco amato per i suoi comportamenti spesso fuori dalle righe e per alcune sue contorsioni finanziarie che non convincono i suoi probabili futuri sudditi.

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