L’osceno nascosto dalla guerra
«Noi addestriamo dei giovani a scaricare napalm sulla gente e i loro comandanti non gli permettono di scrivere ‘cazzo’ sui loro cacciabombardieri perché è osceno”: così parla nel finale di Apocalipse Now il maggiore dei Berretti verdi Kurz (Marlon Brando). la frase sintetizza bene l’attuale ipocrisia occidentale. Oscena dovrebbe essere la guerra, ma indignano solo le parole, quelle del magnate isolazionista Donald Trump, sessista e razzista, il peggio dell’America e forse proprio per questo candidato repubblicano alle presidenziali Usa. Che decidono il destino-declino americano, ridotto a scontro su infedeltà coniugali contrapposte, che chiamano in causa anche le responsabilità di Hillary Clinton, private e pubbliche.
Non ha indignato infatti che i due si siano rincorsi a chi dava più ragione a Netanyahu su come opprimere meglio i palestinesi. The Donald promettendo che con lui presidente «Gerusalemme sarà capitale indivisa dello Stato d’Israele». Un’altra bomba in Medio Oriente, come la dichiarazione di Clinton di «non intromissione tra le parti» , mentre il governo israeliano estende le colonie, l’Anp perde ogni autorità e la situazione nei Territori occupati degenera.
Né è osceno che Trump riapra la partita nel cortile di casa, dal muro anti-migranti con il Messico alla sospensione degli accordi con Cuba, del resto mai definiti.
Né ripugna l’allegro teatrino sulla Siria, con schieramento atlantico al completo ad accusare solo la Russia di crimini di guerra per Aleppo. Ha cominciato Obama, poi sul finire di un mandato inutile Ban Ki-moon, subito Gentiloni si è accodato, poi è arrivato Hollande e ieri il ministro degli esteri britannico Johnson, quello della Brexit. Ma voi accettereste che un serial killer salga con autorevolezza sul banco dell’accusa per denunciare un altro serial killer? Perché ci dimentichiamo degli ospedali afghani, yemeniti e siriani colpiti dai raid americani negli ultimi mesi?
Sono crimini di guerra anche quelli, ma gli Usa si scusano, e basta. Certo, i raid aerei russi sono criminali, vanno denunciati, perché si aprano corridoi umanitari per i civili, perché fanno strage di inermi. Urge un cessate il fuoco, implorato in queste ore dal papa che nel settembre 2013 impedì con la preghiera del mondo un altro intervento americano. Mentre scriviamo intanto si annuncia la ripresa del dialogo per sabato. Perché l’obiettivo, almeno quello dichiarato non era forse quello di sconfiggere lo Stato islamico che tiene in ostaggio – dell’espressione scudi umani si è fatto spreco, ma ora non la dice nessuno – gli abitanti della bella e martoriata Aleppo?
E’ così vero che lo stesso inviato dell’Onu Staffan De Mistura ha invitato Al Nusra (Al Qaeda) ad uscire da quell’assedio offrendosi di scortarne altrove i miliziani qaedisti. Insomma, è osceno che nella fase attuale e in procinto delle presidenziali Usa, sia sparito dall’agenda l’Isis. Probabilmente perché emergerebbero le responsabilità occidentali e dell’Amministrazione Usa che ha ereditato le devastazioni politiche delle guerre precedenti, di Bush e di Bill Clinton, in Iraq e in Afghanistan, innestando nuove avventure militari in Libia e poi in Siria.
Per entrambe Obama era riottoso ma venne tirato dentro proprio dall’allora segretaria di Stato, Hillary Clinton (non solo con le mail). Adesso Obama la sponsorizza nei comizi, preoccupato del «mondezzaio Trump», ma solo a marzo denunciava lo «spettacolo di merda» dato dagli Stati uniti con il fallimento della guerra del 2011 che spodestò nel sangue Gheddafi.
Fatto da non dimenticare la Russia è arrivata un anno fa nella crisi siriana a togliere le castagne dal fuoco proprio agli Usa, impantanati in un altro fallimento, con l’assenza di legami con l’opposizione armata che volevano sostenere, l’ammissione di avere, più o meno consapevolmente, sostenuto il jihadismo armato, in più con la delega sostanziale della crisi all’alleata Turchia del Sultano Erdogan. Che intanto riprendeva la strategia ottomana, sostenendo il jihadismo con armi e traffici di petrolio e rioccupando parti dell’Iraq e della Siria. Tornò sulla scena Putin, dopo l’abbattimento dell’aereo civile russo, quasi d’accordo con Obama, cominciando a coordinare le azioni militari sia con gli Usa e con la Francia, che bombardava dopo gli attacchi terroristi sul suolo francese.
Ora la Russia sembra al bando, Il Corriere della Sera ieri apriva in modo poco veritiero con «Il clima di guerra in Russia, incitata dal Cremlino a prepararsi allo scontro con l’Occidente», torna a forza la semi-guerra fredda, un vintage destinato solo a peggiorare. Putin torna, comem in Ucraina, a vestire i panni del nemico ritrovato.
Ripetiamolo: i suoi bombardamenti sono criminali, com’è crimine di guerra colpire un ospedale. Ma quanti ospedali hanno bombardato gli Stati uniti in quest’ultimo periodo facendo stragi di civili? L’osceno della guerra naturalmente è di parte. Mentre si nasconde che a far fallire la tregua – difficile se non impossibile, basata sul riconoscimento sul campo di chi era estremista e chi no – stabilita solennemente il 10 settembre da Serghei Lavrov e John Kerry, è stato il bombardamento americano, «per errore», del 17 settembre scorso di una caserma di Assad a Deir Er Zour, assediata dai jihadisti, provocando la morte di 90 soldati siriani. Da lì è apparso chiaro che la battaglia di Aleppo (con quella di Mosul in Iraq e di Sirte in Libia che da agosto non cade) è entrata nella campagna elettorale americana.
Chi vince ad Aleppo ha vinto la guerra, impossibile quindi subire la sconfitta e lasciare l’eredità di uno smacco. La battaglia dunque deve oscenamente continuare, pur sapendo che non ci sarà tavolo negoziale, perché l’opposizione «democratica» non esiste e coordina il suo ruolo militare con i jihadisti e con Al Nusra (ha cambiato nome ma è sempre affiliata ad al Qaeda). E nessuno riesce ad immaginare di negoziare la pace con il peggiore jihadismo armato. Ma lasciare alla Russia la patente di essere rimasta l’unica a combattere davvero l’Isis può essere ancora più miope e pericoloso. Del resto di questo approfitta Putin, che recupera economicamente il Sultano Erdogan e mina l’alleanza militare occidentale con l’Egitto.
Di questo smacco Usa approfitta il ripugnante Trump per «tornar a fare grande l’America». Un caos osceno. Quello della guerra.
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