by Antonio Sciotto, il manifesto | 2 Settembre 2016 9:30
ROMA Incassato l’assist di Angela Merkel a Maranello, Matteo Renzi punta decisamente le carte sulla leva economica, e soprattutto sul taglio delle tasse: ieri, già di buon mattino su Rtl, il premier ha diffuso via radio il suo programma di massima sul rilancio dell’Italia, confermando «il taglio dell’Ires al 24%, così come l’Iri, e il superammortamento». «Non toccheremo i bonus, non si toccano gli 80 euro, abbasseremo anche il canone Rai per il prossimo anno», perché «l’unica cosa che si può fare per dare forza a questo Paese è abbassare le tasse». Dopo che i riflettori sul terremoto si sono affievoliti, insomma, torna a pieno regime la macchina delle promesse in vista del referendum di autunno.
La speranza è concentrata in buona misura sul dato Istat in uscita oggi, quello del Pil, che Renzi nelle sue recenti 30 slide ha voluto vaticinare, con una certa dose di ottimismo, all’1%. Sicuramente meno della precedente previsione (1,2%), ma in ogni caso grasso che cola visti gli indicatori degli ultimi mesi: e sarebbe un ottimo viatico per il G20 che si terrà a Hangzhou, in Cina, domenica e lunedì. Poi, ovvio, tanta parte dovrà farla il negoziato con Bruxelles, per la flessibilità.
Sembra tramontare definitivamente, e in effetti Renzi non vi ha fatto cenno, la possibilità che per il 2017 si possa agire anche sull’Irpef: il taglio alla tassazione sui redditi personali, certamente oneroso per le casse dello Stato, è rimandato al 2018. Pressano nodi come la flessibilità pensionistica e il rinnovo del contratto del pubblico impiego, che molto probabilmente ricco non sarà, ma che in qualche modo il governo deve risolvere entro la fine dell’anno (l’attesa dell’aumento è ormai arrivata a sette anni, con in mezzo una sentenza della Corte costituzionale).
«Crescita» è anche la parola chiave scelta dalle maggiori economie mondiali per il summit asiatico: un faro a cui guardare districandosi tra l’emergenza terrorismo e la Brexit, la questione dei migranti e le tensioni internazionali. Sarà l’ultimo G20 per Barack Obama, e insieme quello in cui dovrebbe giocare da protagonista l’ospite Cina.
L’Fmi, nella Surveillance Note preparata proprio in vista del vertice cinese, ha spiegato che la crescita globale è ancora «deludente», e che soprattutto rischia di esserlo «a lungo», e ha messo in guardia dai rischi di stabilità finanziaria, accentuati in Europa e soprattutto in Italia: «I titoli bancari restano sotto pressione, con particolare tensione attorno alle banche italiane». «Servono riforme economiche forti», avvisa Christine Lagarde.
Chiaro che Renzi, in questo contesto, miri a mettere in evidenza politiche di stimolo, per le imprese ma anche per le persone (vedi la conferma dei bonus), utili anche per il consenso a più breve termine (referendum costituzionale). Per il taglio dell’Irpef è emersa una ipotesi piuttosto radicale dal viceministro all’Economia, Enrico Zanetti, che propone una flat tax (tassa unica) al 27% per i redditi dai 15 mila ai 75 mila euro. Le aliquote attualmente sono cinque e variano tra il 23% e il 43% (23% per redditi fino a 15 mila euro, 27% fino a 28 mila, 38% fino a 55 mila, 41% fino a 75 mila, 43% oltre i 75 mila euro). Eliminando praticamente quelle del 38% e del 41% si andrebbero a favorire le fasce più benestanti.
Ma sull’Irpef il discorso è più che prematuro, visto che è rinviato al 2018, e piuttosto Renzi punta molto sui tagli alla tassazione di impresa, l’Ires appunto, ma anche la nuova Iri, che dovrebbe essere disegnata in modo tale da favorire il reinvestimento degli utili sulle stesse aziende. Poi si parla anche di interventi sugli autonomi, «quelli più giovani», ha annunciato il premier.
Tra una promessa e l’altra, intanto sono già arrivati i primi calcoli sulle annunciate sforbiciate al fisco: secondo la Cgia di Mestre l’Ires abbassato al 24% (dall’attuale 27,5%) «favorirà soprattutto le imprese di grandi dimensioni, che risparmieranno circa 4,1 miliardi di euro di tasse». Saranno circa «628 mila, il 15% del totale delle imprese presenti in Italia». Per una operazione «più equa» la Cgia invita a intervenire anche sull’Irap.
Meglio viene vista la nuova Iri da parte della Cna: «Favorirebbe circa 500 mila imprese – spiega l’associazione – Lascerebbe alla onerosa aliquota progressiva dell’Irpef, solamente la parte di reddito d’impresa prelevato dall’imprenditore per soddisfare i propri bisogni e quelli della propria famiglia; la parte che resta in azienda, invece, verrebbe tassata a un’aliquota proporzionale più contenuta, allineata all’aliquota di tassazione prevista per le società di capitali», cioè all’Ires. Questo meccanismo dovrebbe favorire appunto la scelta di reinvestire gli utili nella stessa azienda.
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