Nel paese del Jobs Act il 53% dei laureati è precario
A quattro anni dalla laurea, quella triennale, in Italia sono precari uno su due: il 52,8%. Il lavoro “non stabile” coinvolge invece il 41,9% dei laureati di secondo livello (33,8% per gli uomini) Nel 2015 il 63,2% dei diplomati aveva un’occupazione «non stabile». Si lavora con quello che offre il supermarket italiano del precariato: contratto a tempo determinato, contratto a progetto, di prestazione d’opera, voucher, borsa di studio/lavoro. E, ovviamente, senza contratto. Ancora stabilmente un’eccellenza nel paese del Jobs Act (l’ 8,7% nel caso dei diplomati).
Lo sostiene l’Istat nel sesto rapporto «I percorsi di studio e lavoro dei diplomati e laureati». L’indagine è stata effettuata su un campione selezionato fra coloro che hanno conseguito il titolo di studio nel 2011 e si riferisce al 2015. La situazione occupazionale dei diplomati conferma l’andamento discendente già registrato in precedenza dall’Istat: nel 2015 lavora il 43,5% dei diplomati, nel 2011 era il 45,7%. Gli uomini che lavorano sono sempre meno, 46,8% rispetto a 51,2% del 2011, mentre la quota di donne lavoratrici è rimasta stabile (40,4%). Il calo di occupazione tra gli uomini non è compensato da una maggiore propensione a proseguire gli studi (la quota di studenti è invariata a 30,7%), bensì da un aumento di chi cerca di lavoro (19,6% rispetto a 14,2% del 2011). Sul versante femminile diminuiscono le donne che investono nell’istruzione terziaria (31,8% rispetto a 36,4% nel 2011) e aumentano quelle alla ricerca di un impiego (23,9% rispetto a 18,1%).
Bisogna tener conto che quasi due terzi dei diplomati tentano la strada dell’università. Il 37,3% dei diplomati, al momento dell’indagine, era in attesa di conseguire un primo titolo universitario. E tuttavia anche qui c’è una variazione in negativo. Nel 2015 il 48,3% dei diplomati del 2011 è impegnato nel percorso universitario (50% nel 2011). Queste dinamiche si riflettono sulla quota di attivi sul mercato del lavoro (coloro che hanno un lavoro o lo cercano attivamente). Il divario di genere a svantaggio delle donne si è ridotto: la quota di attivi è di poco più alta tra gli uomini (66,5% contro 64,2%) solo perché aumentano le donne in cerca di lavoro. Di conseguenza è in crescita il tasso di disoccupazione: a quattro anni dal diploma è in cerca di un lavoro il 33,4% della popolazione attiva (26,2% nel 2011).
In tutti i casi la scelta dello studio è pesantemente condizionata da precarietà e povertà. L’abbandono degli studi ha interessato l’8% dei diplomatiche non hanno conseguito un titolo. La ragione è che devono trovarsi un lavoro. Nel 32,9% dei casi gli uomini scelgono di dedicarsi alla sua ricerca, il 23,2% le donne. C’è chi sostiene di aver trovato gli studi troppo difficili (18,9% uomini e 16,3% donne), ma anche di avere avuto difficoltà a sostenere le spese universitarie e di mantenimento (9,4% e 11,5%). Tra i diplomati occupati netta è la prevalenza del lavoro autonomo. Ci sono quelli che si definiscono per lo più liberi professionisti (40,5%) e lavoratori in proprio, titolari di piccola impresa, commercianti, artigiani, coltivatori diretti (39,6%); il 17,4% è coadiuvante nell’azienda di famiglia. Chi svolge un lavoro autonomo si è detto in media più soddisfatto degli altri lavoratori «non stabili». Il futuro è incerto: il 58% non sa prevedere nulla.
I diplomati hanno un reddito mediano di 850 euro mensili, al netto delle tasse. Le donne guadagnano 683 euro al mese, gli uomini mille. Da tirocini, stage, praticantato, guadagnano tra 400 e 500 euro. Per i laureati possibilità di occupazione alta nei settori difesa e sicurezza, medico e ingegneria dove la retribuzione netta mediana mensile è superiore a 1.400 euro. Più bassa è l’occupazione nei gruppi letterario e politico-sociale.
Related Articles
La radice comune del fallimento greco e della strage di Sousse
La cecità, dei nostri governanti prima ancora che dei terroristi, è il filo che lega la decisione dell’Europa di strangolare il popolo greco e i 39 turisti barbaramente uccisi sulla spiaggia di Sousse
Governo-tassisti, proteste e scontri
Incontro aggiornato a oggi. E i parafarmacisti si incatenano davanti a Montecitorio
ESPROPRIARLA E AFFIDARLA AI LAVORATORI
Colpisce non tanto il diffuso plauso che si respira a sinistra verso la sentenza sull’Ilva, ma l’atteggiamento subalterno verso la proprietà che l’intera vicenda rivela. Lo dico non dal versante di un ambientalismo ideologico indifferente al lavoro («sussidi al posto della fabbrica»). Ma proprio dal versante delle ragioni dei lavoratori. Che sono un riferimento centrale per la stessa battaglia ambientalista.