La Sanità ceduta ai privati
In attesa della nota di aggiornamento al Def, mi sono letto il rapporto n° 3 sul monitoraggio della spesa sanitaria 2016 del dipartimento della ragioneria generale dello Stato.
Il dati politicamente importanti sono di due tipi, strutturali e funzionali. Quelli strutturali riguardano la tenuta finanziaria del sistema e sono i seguenti:1) il sistema sanitario pubblico nel suo complesso risulta in disavanzo di 1 miliardo e 200 milioni. Nel 2015, la spesa sanitaria è risultata pari a 111,185 miliardi (a fronte di un finanziamento del Ssn di 109,7 mld), con un tasso di incremento dello 0,3% rispetto al 2014; 2) tale disavanzo è compensato prevalentemente da nuove tasse, nuovi ticket, uso di altre risorse regionali e aumento delle aliquote locali; 3) nel 2015 il disavanzo riguarda ben 12 regioni su 21, le quali per non andare in regime di commissariamento hanno coperto i loro disavanzi con tasse e altre risorse.
I dati funzionali riguardano invece l’assistenza, la sua qualità, il grado di copertura della tutela e sono i seguenti: cala drammaticamente la spesa per il personale (dal 2010 e 2014 si è avuto un calo di 25 mila unità), la farmaceutica convenzionata che si riduce dal 9,9% nel 2010 al 7,4% nel 2015, quindi con un meno 1,2 % rispetto al 2014, e la spesa per i medici di famiglia, dove si è passati da un incremento medio annuo del 2,8% nel periodo 2006-2010 a un incremento dello 0,2% nel periodo 2011-2015. E altri dati che per brevità non menziono.
A fronte di tutto ciò cresce come è ovvio l’assistenza privata.
Questi numeri sono la misura dei nostri allarmi e delle nostre ripetute denunce: il sistema nel suo complesso è davvero a rischio di tenuta, il definanziamento della sanità che il governo Renzi persegue fin dal 2014 crea una flessione nelle capacità e nella qualità del sistema pubblico, quindi induce nuova tassazione che a sua volta crea abbandono sociale (i famosi 11 milioni di italiani che rinunciano a curarsi per ragioni economiche).
Tutto questo favorisce la crescita del ricorso al privato, vale a dire che il privato, per chi può, sta assumendo un ruolo sempre meno complementare e sempre più vicariante. Questo mutamento di ruolo è la premessa necessaria per fare il passo contro-riformatore decisivo: ridimensionare la natura solidaristica e universalistica del sistema superando il diritto alla salute per tutelare tutti allo stesso modo, sostituendo il diritto con il reddito, per tutelare ognuno secondo le proprie possibilità.
Cioè i dati ci dicono che il sistema pubblico sta viaggiando inesorabilmente verso il declino e quindi verso la sua privatizzazione.
Siccome il grado crescente di privatizzazione è funzione del volume dei disavanzi regionali, questo processo ormai riguarda almeno la metà delle regioni. Cioè la metà del sistema nel suo complesso. Si comprende così quanto sia ignobile e oscurantista il tentativo interamente speculativo di far fuori la sanità pubblica vicariandola con mutue e assicurazioni. La gente che può si rivolge al privato non perché preferisce il privato al pubblico, ma perché spesso è l’unica cosa disponibile in tempi ragionevoli per supplire ad un pubblico carente, non perché incapace ma perché definanziato, cioè messo nell’impossibilità di operare e di operare bene.
Rispetto a questo scenario anziché cambiare politiche, cioè trovare altri modi per rendere compossibili i diritti con i limiti finanziari, il governo (a parte i proclami di Renzi ieri al S.Raffaele: «basta con i tagli lineari abbiamo tagliato troppo») sicuramente a partire dalla prossima nota di aggiornamento del Def, ridurrà ancora di più il finanziamento alla sanità. Rammento che con la nota del 2015 per il 2017 a legislazione corrente per la sanità era stimato un fabbisogno di almeno 115 miliardi e 500 milioni e che la discussione oggi oscilla intorno ai 113 miliardi. Ditemi voi se questo non è un taglio lineare.
Il definanziamento programmato da Renzi prevede che la sanità possa crescere solo a partire dal 2025 (nota 2014). Questo è semplicemente pazzesco perché significa che la sanità deve stare alla gogna ancora per quasi un decennio. Il definanziamento quindi deve essere fermato al più presto. Per quello che mi riguarda per fermarlo non basta semplicemente rivendicare il rifinanziamento a sistema invariante, o parlare genericamente di prevenzione e di territorio o di contratti. Tra definanziamento e rifinanziamento tout court pongo con forza la questione del cambiamento. Il sistema pubblico a valori etico-sociali invarianti va ripensato nei suoi modelli che ormai fanno acqua da tutte le parti per accrescerne le utilità e diminuirne i costi. Altrimenti la partita è persa.
Dopo la nota di aggiornamento al Def riprenderemo il discorso.
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