A Mirafiori la festa della Fiom

by Maurizio Pagliassotti, il manifesto | 9 Settembre 2016 8:49

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TORINO La Fiom torna dentro gli immensi capannoni Fiat di corso Settembrini, da tempo in disuso e acquisiti dalle istituzioni locali nel 2006, quando venne creato il polo Torino nuova economia. Lo fa per la sua festa annuale e per celebrare centoquindici anni di vita e di lavoro.

Non può esistere scenario più potente, perché dibattito, concerti, grigliate si svolgono in quello che fu un luogo duro, il reparto saldatura; girone infernale che ha accolto, o meglio dire ha spremuto, migliaia di lavoratori e lavoratrici che qui hanno speso la vita. Lunghissime linee dove scorrevano i pezzi da saldare, nel fumo e nel frastuono. Qualcuno di quei lavoratori ieri, per il giorno inaugurale della festa, è tornato per fare un giro, per curiosare, e per salutare il passato e i vecchi compagni di reparto.

Federico Bellono, segretario Fiom di Torino, sottolinea l’importanza di una festa dentro Mirafiori: «In un momento molto delicato per i lavoratori, noi scegliamo un punto strategico della fabbrica per sottolineare che siamo e saremo con chi lavora. La Fiat attraversa un momento difficile, come da lungo tempo, connotato da cassa integrazione e contratti di solidarietà. La cosiddetta ripartenza da queste parti non si è ancora fatta sentire in maniera soddisfacente. Per questo ci siamo posizionati a ridosso della Power Train (unita produttiva adibita a produrre i cambi, ndr) e delle carrozzerie che devono ancora riprendere. Servono investimenti e nuovi modelli, e questo noi lo chiediamo con forza da dentro Mirafiori. La nostra festa vuole dare prospettiva al lavoro di questa città, non essere un momento di ricordo di antichi tempi che non torneranno più».

La festa della Fiom durerà fino a domenica. Ieri il primo incontro ha affrontato il futuro della componentistica a Torino, con un occhio particolare sulla situazione della Fca, non brillante nonostante i nuovi modelli. In serata un ricco dibattito è stato dedicato alla riforma costituzionale con il segretario nazionale Maurizio Landini, Marco Revelli e Sandra Bonsanti di Libertà e Giustizia. Poi immigrazione vecchia e nuova (questa sera) e in conclusione un dibattito sul futuro di Torino con la sindaca Chiara Appendino, Giorgio Airaudo, Gianni Cuperlo e Federico Bellono.

Ovviamente non mancherà il tempo per la convivialità, con musica e buon cibo, tradizionalmente di qualità alla festa Fiom. Il luogo in sé è molto suggestivo, spazi immensi e giganteschi carro ponte: l’effetto scenografico vale da solo un salto da queste parti.

Un evento importante, di fatto l’unico approfondimento politico di sinistra che resiste a Torino in autunno. Arriva in un eterno momento di transizione metropolitana: da città fabbrica a città del turismo e del loisir. Crisi urbana grave, travagliata, con indici di disoccupazione, soprattutto giovanile, molto pesanti e un numero di poveri che ruota intorno alle centomila unità. La Fiom così continua ostinatamente a parlare di lavoro, e lo fa in un posto che è tornato pubblico. Lo fa a 5 anni dal drammatico referendum che si è svolto in questa fabbrica, che costò allo storico sindacato dei metalmeccanici Cgil un lungo periodo di ostracismo. Di quel referendum vinto dalla Fiat per un soffio si parlerà molto: anche se quella vittoria non ha cambiato la grave situazione occupazionale in cui versa lo stabilimento di Mirafiori.

In questi giorni a Torino varie vertenze stanno trovando il culmine dopo lunghi periodi di trattativa. Per questo la salute del sindacato e il futuro del lavoro saranno l’oggetto dell’intervento conclusivo della festa, domenica alle 21, tenuto dalla segretaria generale della Cgil Susanna Camusso.

La Fiom vede schierati in fabbrica decine di volontari tra grigliatori, cuochi, elettricisti, baristi e tuttofare: un gruppo compatto di uomini e donne che vuole affrontare l’intreccio di scadenze generali e temi locali: come recita il volantino di programma «in modo aperto e plurale, consapevoli che il confronto, come la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori, sono i principali ingredienti del nostro fare sindacato».

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