by Riccardo Chiari, il manifesto | 7 Settembre 2016 20:54
Multinazionali. A Genova e Pisa i consiglieri di sinistra denunciano: “Ericsson ha avuto finanziamenti pubblici e sottratto risorse al territorio. Ora che ha incassato il possibile, scappa. Senza che ci sia alcuna crisi”.
Il gioco del “Prendi i soldi e scappa” continua a piacere parecchio alle multinazionali. L’ultimo caso è quello della Ericsson, che nel giugno scorso ha annunciato 385 licenziamenti nelle sue filiali italiane. Senza cedere ad oggi di un millimetro, nonostante scioperi, manifestazioni di piazza, appelli di sinistra (Prc, Sì), ondivaghi (M5S) e destra (Lega), e richiami istituzionali. L’ultimo, di poche ora fa, da parte dei sindaci Doria di Genova, De Magistris di Napoli e Filippeschi di Pisa. Un tris di caratteri molto diversi, e di diverse appartenenze politiche. Ma uniti in questa presa di posizione. Anche – soprattutto – perché la multinazionale ha approfittato a piene mani di finanziamenti pubblici per allestire ad esempio il Parco Tecnologico Erzelli a Genova, oppure l’area della ricerca di San Cataldo a Pisa.
“In base ad un’idea predatoria dell’economia, Ericsson sottrae risorse ai territori e, ora che ha incassato tutto il possibile, scappa. Senza che ci sia alcuna crisi”. A denunciarlo nero su bianco sono i consiglieri comunali pisani e genovesi Ciccio Auletta, Antonio Bruno, Clizia Nicoletta, Giampiero Pastorino e Marco Ricci, eletti nelle liste della Federazione della Sinistra e nell’opposizione pisana di Una città in Comune e Prc. “Le istituzioni hanno speso per la ricerca, l’innovazione e l’alta qualità – osservano criticamente i consiglieri – ma hanno di fatto favorito un gruppo grande e potente e non la costruzione di un tessuto economico locale indipendente, in grado di mettere a frutto le competenze costruite col sistema formativo del paese nei diversi territori. Guidate da un’idea vecchia di sviluppo, si sono rese inermi davanti a questi colossi”.
Il risultato è che ora sono a rischio, ad esempio, molti dei 53 fra ingegneri, matematici e informatici che lavorano a San Cataldo. Il tutto mentre fra il 2010 e i12014 la multinazionale svedese ha incassato, solo per i laboratori pisani, oltre 12 milioni di finanziamenti pubblici, in particolare regionali. Di più: il mantenimento a Pisa di un piccolo gruppo di addetti sarebbe solo un escamotage, denunciano i lavoratori e i sindacati di categoria, per assicurare alla Ericsson di continuare a beneficiare di risorse pubbliche.
Da parte loro, Doria, De Magistris e Filippeschi chiamano in causa l’esecutivo di Matteo Renzi: “Riteniamo che la vertenza, per il suo carattere nazionale, debba vedere pienamente coinvolto il governo. Nel merito la prima richiesta all’azienda è quella di ritirare le procedure di licenziamento avviate. Tale richiesta, già avanzata dalle amministrazioni locali, deve venire anche dal governo. Contestualmente deve aprirsi una discussione sulla strategia e la presenza di Ericsson in Italia. Il garantire tale presenza significa difendere un prezioso patrimonio di competenze e saperi del nostro paese”.
Il problema è che di tempo ne è rimasto pochissimo. L’unica concessione fatta nei giorni scorsi da Ericsson, che ha ribadito la sua indisponibilità a rivedere il piano di ristrutturazione o a seguire strade diverse come i contratti di solidarietà o la cassa integrazione, è stata quella di congelare i licenziamenti per due misere settimane. In termini tecnici, la fase amministrativa della procedura di mobilità avrà termine il 12 settembre. Lunedì prossimo. Che sarà anche l’antivigilia dell’ennesima manifestazione di protesta, uno sciopero nazionale aziendale già deciso dalle organizzazioni sindacali di categoria se la multinazionale delle comunicazioni non tornerà sui suoi passi.
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