Cinque porte sbattute. Il giovedì nero di Raggi

Cinque porte sbattute. Il giovedì nero di Raggi

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La giornata più lunga della giovane giunta di Virginia Raggi comincia prima dell’alba, quando ancora è buio, come in un racconto di Agatha Christie. Sono le 5 del mattino. Sulla pagina Facebook della sindaca compare un messaggio relativo alla dibattuta vicenda della magistrata Carla Romana Raineri, scelta come capo di gabinetto. Raggi annuncia: ho disposto la revoca della nomina dopo aver interpellato l’Autorità nazionale anticorruzione. Passano poche ore: Raineri comunica di essersi dimessa.

L’altra bomba arriva verso le 9: se ne va anche Marcello Minenna, il dirigente Consob stimato a sinistra e nel sindacato che aveva collaborato con il commissario Tronca e che aveva accettato le (pesantissime) deleghe a bilancio, società partecipate e patrimonio. Con Minenna, i pentastellati a Roma avevano scelto, più per necessità che per convinzione, di posizionare il baricentro dell’azione della giunta al di fuori del cerchio magico della sindaca e del perimetro del Movimento. I dossier bollenti sul debito, sulla riorganizzazione di Ama, Acea e Atac e sulla amministrazione dei beni comuni erano passati ad un tecnico autorevole, non organico al M5S.

Il suo addio non resta isolato. Nel primo pomeriggio arriva il passo indietro del neopresidente di Ama Alessandro Solidoro. Si aggiunge a quelli di Marco Rettigheri e Armando Brandolese, direttore generale e amministratore unico di Atac che lamentano ingerenze dalla giunta.

E sempre come in un romanzo di Agatha Christie, passare in rassegna i volti dei diversi protagonisti della vicenda, gli stessi che compaiono trafelati e stupiti di fronte alle telecamere o che si affacciano dai profili social, significa scoprire che i moventi sono tanti. Almeno quante sono le linee di frattura, le rivalità e le incomprensioni reciproche che animano questo mondo poco omogeneo, non lineare, tantomeno riconducibile a dinamiche correntizie classiche.
Dietro il passo indietro di Minenna, la revoca di Raineri e l’addio di Solidoro ci sarebbe in primo luogo lo scontro con il cerchio magico della sindaca, in particolare con l’attivismo di due dirigenti discussi ma finora intoccabili: Salvatore Romeo e Raffaele Marra, considerati vicini alla sindaca e al suo vice Daniele Frongia. Sarebbe stato proprio l’ex alemanniano Marra a lavorare alla pratica per la richiesta di parere all’Anac che ha causato la revoca della nomina di Raineri: «È stata istituita in modo da far saltare la magistrata», sibilano dal Campidoglio.

Chi aspetta al varco è la deputata romana Roberta Lombardi, che uscì dal mini-direttorio capitolino. Lombardi muove le sue pedine in consiglio comunale. Proprio le ripetute richieste di chiarimento su stipendi e nomine arrivate in aula Giulio Cesare hanno reso complicata la nomina di Raineri (cui si contestava di voler mantenere lo stipendio da magistrata) e ostacolato il tentativo di Minenna di trasferire il suo staff da Consob alla complessa macchina del Campidoglio. E poi c’è Paola Taverna, senatrice romana del mini-direttorio che avrebbe suggerito il nome (anch’esso discusso) di Paola Muraro per l’assessorato ai rifiuti. Taverna non minimizza: «Sono figure la cui professionalità è riconosciuta a livello internazionale. La loro ritirata è un duro colpo».

Le dimissioni erano inattese anche nelle alte sfere. Come vogliono le linee guida della comunicazione dettate da Casaleggio, il M5S romano continua a presentarsi come unanime e indivisibile. Si pensi alla evidente indecisione che serpeggia circa le condizioni da porre per accettare la candidatura olimpica di Roma. Ha provato a parlare chiaro Paolo Berdini, assessore all’urbanistica dal profilo autonomo, ed è stato subito redarguito. Infine, i due golden boy, Di Maio e Di Battista. Il primo compassato e istituzionale, mediatore sulle Olimpiadi. Il secondo in scooterone in campagna referendaria in giro per il paese.

Fino a ieri, il rischio che Virginia Raggi, Daniele Frongia e i loro fedelissimi si trovassero isolati era attenuato dalla autorevolezza di gente come Minenna e Raineri. Alla fine del giorno più lungo, le loro poltrone sono vuote (peggio: abbandonate in palese polemica con la sindaca) l’inquilina del Campidoglio si trova in una posizione di debolezza. Sia nei complessi rapporti dentro alla sua maggioranza che nel duro scontro con le opposizioni.

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