Malek Adly libero dopo 114 giorni in isolamento
Dopo 114 giorni di detenzione l’avvocato egiziano Malek Adly sarà scarcerato. Attivista per i diritti umani e responsabile della Rete degli avvocati dell’Egyptian Center for Economic and Social Rights, era stato arrestato il 5 maggio scorso, uno degli oltre 1.300 detenuti prima e dopo le manifestazioni del 15 e 25 aprile contro la cessione delle isole Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita da parte del Cairo.
Tre mesi e mezzo in isolamento che hanno gravato sulle sue condizioni di salute, come denunciato più volte dalla moglie Asmaa, senza un letto dove dormire né cure mediche, senza la possibilità di uscire nemmeno per l’ora d’aria. E senza mai arrivare di fronte ad un giudice: una pratica molto comune quella delle detenzione preventiva, che interesserebbe 10mila degli attuali 60mila prigionieri politici egiziani.
Ieri, dopo campagne locali e internazionali che ne chiedevano il rilascio, la corte penale di South Benha ha rigettato l’appello mosso dalla procura all’ordine di scarcerazione di giovedì: Adly sarà liberato. Secondo fonti interne al tribunale, le procedure di rilascio richiederanno qualche giorno.
Non si ferma però l’inchiesta che pesa su di lui e altre centinaia di attivisti e semplici cittadini: è accusato del tentativo di rovesciare il governo, di incitamento alle violenze e di diffusione di notizie false in merito all’accordo di cessione.
Malek Adly è stato tra i primi in Egitto a denunciare pubblicamente la scomparsa e l’uccisione di Giulio Regeni, esponendosi come Ahmed Abdallah, consulente legale della famiglia del ricercatore e in carcere dal 25 aprile. Già poche ore dopo la sparizione di Giulio, il 25 gennaio, Adly è stato contattato dagli amici del giovane e ha fatto il giro delle stazioni di polizia del Cairo per avere sue notizie.
Quando il corpo di Giulio è stato ritrovato, il 3 febbraio, si è offerto di seguire come legale le indagini, smentendo fin da subito le prime dichiarazioni dei vertici egiziani secondo cui i responsabili erano semplici criminali.
Adly era anche nel team di avvocati che ha preparato il ricorso contro la decisione del presidente al-Sisi di cedere Tiran e Sanafir durante la visita di re Salman al Cairo. Una cessione che ha creato non pochi problemi al regime egiziano: oltre alle proteste di massa (le prime dal luglio 2013 quando con un golpe al-Sisi depose il presidente eletto Morsi), il 21 giugno il Consiglio di Stato ha annullato l’accordo per violazione della sovranità nazionale.
Ovviamente il governo ha subito fatto appello (la corte si riunirà il 30 agosto), mentre le centinaia di persone detenute per aver protestato contro quella decisione restano dietro le sbarre. Nel frattempo prosegue spedita la macchina della propaganda: il Ministero della Cultura ha annunciato la pubblicazione di un libro, corredato di mappe e documenti storici, per dimostrare che le due isolette sul mar Rosso si trovano in acque saudite.
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