L’Is è in fuga da Sirte ma è pronta la battaglia per il controllo dei pozzi
IN LIBIA sta durando più del previsto la battaglia finale di Sirte contro lo Stato islamico. Sta costando troppe vite umane questo assalto delle milizie di Tripoli e Misurata agli ultimi quartieri controllati dai terroristi neri. Soltanto ieri sono morti altri 27 soldati della coalizione che lavora per conto del governo di Tripoli. I 30 giorni concessi da Barack Obama alle sue forze armate per chiudere i conti con l’Is scadono domani, per cui queste ultime ore sicuramente vedranno una accelerazione degli attacchi americani, anche se una proroga è sempre nei poteri del presidente americano. Il problema è capire se l’offensiva di Tripoli e Misurata abbia disperso i combattenti stranieri dell’Is, ma abbia anche coalizzato quei pezzi di tribù gheddafiane ed ex uomini degli apparati del colonnello che a Sirte per 4 anni avevano trovato rifugio dopo la rivoluzione del 2011.
HAFTAR VERSO I POZZI
In ogni caso, a meno di soprese clamorose (ma allora i bombardamenti americani sarebbero molto più pesanti), presto il governo del premier Serraj dovrebbe avere il controllo totale della città, e avviare operazioni di ricerca dei gruppi di terroristi fuggiti verso il Sud, in particolare verso i confini con Niger e Algeria. Nel frattempo, come sempre, il caos libico cambia, e assume nuova forma. Il vero pericolo adesso viene dal confronto con l’Est. Nelle ultime settimane, proprio mentre Misurata conclude la battaglia di Sirte, la milizia del generale filo-egiziano Khalifa Haftar ha pensato bene di avanzare in Cirenaica verso i pozzi della “mezzaluna petrolifera”. La settimana scorsa una colonna di blindati è arrivata a Zueitina, un villaggio a 10 chilometri dal ter- minale petrolifero che ha lo stesso nome ed è presidiato dalla milizia di Ibrahim Jadran, il capo della Guardie Petrolifere. Jadran per tre anni è stato alleato del generale ex gheddafiano, ma mesi fa quando ha capito che la milizia del generale era pronta a scalzarlo, è passato con Tripoli. In cambio di recente le sue guardie hanno ricevuto “arretrati di stipendio” pari a 40 milioni di dollari, con un accordo che è stato benedetto perfino dalle Nazioni Unite.
LA VERA SFIDA È PER IL PETROLIO?
A questo punto dunque, mentre dovrebbe chiudersi la battaglia di Sirte contro l’Is, nella regione dei pozzi petroliferi potrebbe scatenarsi una nuova fase della guerra civile, con Tripoli, Misurata e le città loro alleate pronte alla guerra contro Haftar e il suo grande alleato, l’Egitto del generale Sisi. L’Egitto nei giorni scorsi ha suggerito al presidente del parlamento di Tobruk, Agila Saleh, una mossa politica che va in parallelo con le azioni militari di Haftar. Il parlamento (che secondo gli accordi Onu è l’unico ancora legale) ha sfiduciato i ministri del governo Serraj, una compagine che il presidente del Consiglio presidenziale aveva presentato ma che da mesi non era stata votata da Tobruk. Il Consiglio presidenziale di 9 membri rimane in sella ed è perfettamente legale, visto che invece ha ricevuto il voto di fiducia; ma i ministeri in questi mesi sono rimasti semi-paralizzati, e soprattutto Tobruk continua la sua azione di sabotaggio politico e militare contro il governo di Tripoli appoggiato dalle Nazioni Unite. «La verità è che ormai abbiamo capito che l’Egitto non ha nessuna intenzione di rinunciare ai suoi piani di conquista della Cirenaica», dice un importante deputato di Misurata, «quando andiamo a incontrare gli egiziani sono pieni di complimenti per tutti noi, dicono che appoggiano una Libia unita e pacificata: ma in verità lavorano per ritagliarsi una fetta di territorio in Cirenaica, guarda caso quella con i pozzi petroliferi».
CIRENAICA MILITARIZZATA
Il generale filo-egiziano risponde però con un piano che sicuramente è stato approvato dal Cairo: sta di fatto militarizzando il governo della Cirenaica. Dopo aver nominato un governatore militare per la regione, ha indicato un commissario militare a Bengasi, uno ad Agedabia (rimuovendo il sindaco civile), mentre un terzo governatore militare è stato assegnato a Kufra. Il presidente del Parlamento Agila non solo non si è opposto a questa militarizzazione in stile egiziano degli incarichi politici, ma ha chiesto che «le autorità civili da Derna a Bin Jawad rispondano alle autorità militari». E adesso il capo di Stato maggiore dell’esercito di Haftar, il generale Abdelaziz al Nathori, quello che formalmente insedia i vari governatori militari, ha detto apertamente che «l’esercito libico e l’esercito egiziano sono una sola cosa, abbiamo chiesto all’esercito egiziano di controllare le nostre frontiere di terra e di mare fino ai confini con il Sudan». Anche i confini di mare, dunque, quelli da cui potrebbero partire le petroliere caricate con il petrolio che legalmente solo il governo di Tripoli sarebbe autorizzato a vendere.
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