by Antonio Sciotto, il manifesto | 25 Agosto 2016 9:14
Attualmente l’Italia investe solo l’1% del fabbisogno reale per la prevenzione antisismica: il dato è ufficiale, viene dalla Protezione civile[1]. Si tratta di 965 milioni stanziati nel 2009 dopo il terremoto dell’Aquila, ripartiti fino al 2016: per adeguare «tutte le costruzioni, pubbliche e private, e le opere infrastrutturali strategiche» servirebbero dunque almeno 100 miliardi. Risorse necessarie non solo per tutelare le vite delle persone e il nostro patrimonio immobiliare e storico-artistico, ma che potrebbero esse stesse diventare volano per la tanto ricercata «crescita» (si pensi solo al recente vertice di Ventotene): si tradurrebbero in appalti e posti di lavoro nell’edilizia, amplierebbero le potenzialità del turismo. Potrebbero, magari, venire scorporate dal deficit: perché non chiedere questo a Bruxelles adesso che si rivendica flessibilità?
Tra l’altro, proprio nell’anno in cui gli eventi ci ricordano tragicamente che siamo un Paese ad altissimo rischio sismico, i fondi della legge 77 del 2009 sono molto più bassi di quelli previsti negli anni passati: solo 44 milioni di euro a fronte dei 145 milioni previsti per il 2011 e poi per il 2015, e dei 195 milioni stanziati per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014. Il governo ha comunque annunciato che al consiglio dei ministri di questa sera stanzierà 234 milioni per le popolazioni colpite dal sisma di ieri.
«Le risorse – spiega Giorgio Zampetti, geologo di Legambiente – non solo sono assolutamente inadeguate, ma vengono anche programmate e spese male. O perlomeno non abbiamo un meccanismo di garanzia che ci permetta di stabilire delle priorità. Servono, secondo quanto dispone la legge, per adeguare le strutture pubbliche e private e per la “microzonazione” delle aree, quella mappatura che individua il differente rischio sismico in parti diverse di una stessa zona. Il problema è che non è mai stata istituita una cabina di regia nazionale che selezioni i progetti in base alla priorità, come ad esempio è avvenuto, al contrario, nel piano contro il dissesto idrogeologico di Italia sicura, dove è stata creata una unità di missione».
Italia sicura è stato uno dei primi provvedimenti del governo Renzi, istituita per decreto nel maggio 2014 per la messa in sicurezza dei territori, riguardo alle frane e alluvioni, e delle scuole. Un piano in gran parte inattuato, con oltre la metà dei soldi annunciati rimasti nel limbo (e quelli già stanziati non ancora spesi in opere ultimate), ma che perlomeno «prevede – spiega l’esperto di Legambiente – una programmazione e un monitoraggio costanti». Sulla prevenzione antisismica, al contrario, a parte la legge del 2009 di Berlusconi, non è più stato fatto nulla.
«L’ospedale di Amatrice dopo il sisma non è risultato più utilizzabile, e la scuola, restaurata nel 2012, è crollata – conclude Zampetti di Legambiente – Scorrendo i recenti interventi previsti nel Piano di adeguamento della Regione Lazio, Amatrice non è mai nominata. Possibile che non si riesca a creare a livello nazionale una struttura che selezioni i lavori prioritari per i comuni più a rischio?»
Più stanziamenti e informazioni ai cittadini chiedono i Cinquestelle. Patrizia Terzoni, deputata della Commissione Ambiente, spiega che un primo risultato si è ottenuto grazie all’approvazione di alcuni emendamenti alla legge delega di riforma della Protezione civile, già passata alla Camera e oggi al Senato. «I piani comunali di emergenza verranno finalmente verificati dalla Protezione civile nazionale e collegati a quelli dei comuni limitrofi. I cittadini devono essere informati sullo stato degli edifici, su dove sono pareti e travi portanti: a Pescara del Tronto una nonna ha salvato i suoi due nipotini portandoli sotto il letto. In Perù le strutture sotto cui ripararsi sono indicate in tutti i bar e ristoranti. Anche la Rai dovrebbe, periodicamente, spiegare cosa fare prima, durante e dopo un evento sismico».
Quanto all’adeguamento delle strutture, Terzoni del M5S spiega che «già l’ecobonus per le ristrutturazioni potrebbe essere usato in chiave antisismica, almeno per gli edifici privati, se solo i cittadini venissero bene informati». Mentre per quanto riguarda le strutture pubbliche in effetti «le risorse sono del tutto insufficienti, e innanzitutto manca una mappatura completa dei luoghi a rischio e che sarebbe urgente adeguare». «Norcia è stata ristrutturata con piani antisismici dopo i terremoti del 1979 e del 1997, e le due ultime scosse di 5,4 non hanno fatto danni. Basterebbe pianificare bene».
Se questo è lo stato dell’arte della prevenzione antisismica – forse non all’anno zero, ma sicuramente ferma all’1% – non se la passa troppo bene neanche il presunto fiore all’occhiello del governo Renzi, ovvero Italia sicura. Secondo la deputata Cinquestelle Federica Daga, collega in Commissione Ambiente di Terzoni, «gli 1,3 miliardi annunciati da Renzi sono perlopiù spot e propaganda».
Una parte di questi soldi, come ci ha spiegato la stessa Legambiente, sono stati effettivamente stanziati – circa 650 milioni di euro, più 100 aggiunti successivamente per rafforzare la progettazione – ma i cantieri che dovrebbero metterli a frutto sarebbero quasi tutti in alto mare.
«Si parlava di 33 cantieri “immediatamente cantierabili” – spiega Daga – ma ad esempio uno di questi che vale da solo 56 milioni, è stato bloccato: si trova vicino Pescara, e Terna vi ha posto quattro piloni per costruire un elettrodotto; essendo un terreno a rischio esondazione adesso si deve rifare tutto il progetto da capo».
Gli altri 700 milioni annunciati dal governo per il momento non stanno da nessuna parte, mentre tanti territori e molte scuole in tutta Italia – si ricordi il terribile terremoto di San Giuliano di Puglia del 2002 – aspettano gli interventi. D’altronde, per i lavori necessari contro il dissesto idrogeologico ciascuna regione ha avanzato le sue richieste: sono contenute nel registro Rendis depositato presso l’Ispra. Fabbisogno: oltre 20 miliardi di euro.
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