All’origine dell’esodo forzato dei docenti ci sono i tagli Gelmini alla scuola

by Roberto Ciccarelli, il manifesto | 11 Agosto 2016 9:01

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Riformare la scuola dell’infanzia, tornare al tempo scuola prima della riforma Gelmini, attuare il tempo pieno alla primaria, quindi incrementare l’orario settimanale. E, per attutire gli effetti dell’esodo forzato a cui il governo sta costringendo i docenti si pensa a una doppia mossa: trasformare l’organico di fatto in organico di diritto e ricorrere all’assegnazione provvisoria anche su organico di fatto, per il secondo anno. Sono le misure a cui starebbe pensando il governo, un’ammissione esplicita del flop del sistema, al netto della campagna razzista contro gli insegnanti meridionali condotta sui maggiori giornali e in Tv. Ma per realizzare la maggior parte di questi provvedimenti servono tempo e fondi. E, infatti, si parla dell’anno scolastico 2017/2018. Senza contare che sabato 13 sono attesi gli esiti delle fasi B, C e D della mobilità riferita alla scuola secondaria di secondo grado. E allora il caos potrebbe diventare una tempesta perfetta. Nel frattempo il Cdm ieri ha approvato l’assunzione di 32.419 docenti (25.198 su posto comune), 10.294 Ata e 285 presidi a copertura del turn-over e provenienti in parte dal concorso in svolgimento. Immancabilmente presentati come «investimenti», in realtà si tratta di posti necessari coperti da docenti già abilitati e costretti a un nuovo concorso. Per la ministra Giannini l’«esodo» è «la prassi, l’80% dei docenti è meridionale e i posti sono al Nord». Al sud ci sono pochi studenti, ha ribadito ieri il Corriere della Sera in un nuovo attacco agli insegnanti che protestano (prossima data: domani a Palermo). La campagna diffamatoria, già vista tra il 2008 e il 2010 al tempo del mega taglio da 10 miliardi di euro all’istruzione mentre si parlava di «meritocrazia», ha rimosso un dato: i tagli Gelmini hanno eliminato quasi 100 mila cattedre in tutti i gradi delle scuole, dalla materna alle superiori. È aumentato il rapporto tra insegnanti e alunni nelle «classi pollaio». E poi c’è stato l’accorpamento delle scuole per ragioni di bilancio. Risultato: le cattedre non ci sono più e gli insegnanti meridionali over 40-50 neoassunti sono costretti a migrare.

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