Orbán esprime scetticismo sulla «minaccia russa»
BUDAPEST L’Ungheria di Viktor Orbán partecipa al vertice Nato di Varsavia con un atteggiamento meno battagliero di quello che mostra in genere nei confronti dell’Unione europea. Tra le priorità del summit c’è quella che viene definita «minaccia russa»; cosa alla quale sono sensibili in modo particolare la Polonia, i tre Stati baltici e l’Ucraina. Budapest è conscia dello stato d’animo e dei timori dei paesi in questione nei confronti del vicino gigante russo e sa che la Nato vorrebbe, per ragioni di sicurezza, dar luogo a più frequenti manovre militari nella regione e ampliarvi la dotazione di installazioni militari.
A Budapest non sembra piacere molto questa prospettiva ma, secondo gli esperti, le sue autorità non avanzeranno obiezioni particolari verso questo tipo di prospettiva. Gli osservatori ritengono sia questa la linea del governo ungherese malgrado i suoi buoni rapporti con la Russia di Putin. Si tratta soprattutto di rapporti di carattere pratico, legati a un aspetto di importanza strategica quale quello dell’energia. Si ricorderà infatti l’accordo sul nucleare siglato all’inizio del 2014 tra Budapest e Mosca, quello che prevede la costruzione da parte russa, nella centrale di Paks (situata a un centinaio di chilometri a sud di Budapest), di due nuovi reattori in aggiunta ai quattro già esistenti nella struttura.
L’intesa prevedeva anche la concessione di un credito di 10 miliardi di euro per un valore pari all’80% del progetto. Questo accordo bilaterale è stato oggetto di aspre critiche da parte dell’opposizione ungherese di centro-sinistra che, pur conscia della dipendenza energetica del paese da fonti esterne, comprese quelle riguardanti gas e petrolio, ha condannato l’avvicinamento dell’Ungheria a un paese retto da un sistema giudicato antidemocratico. Il primo ministro ungherese ha pronunciato parole di elogio nei confronti di Putin. La cosa è avvenuta contestualmente alle considerazioni di Orbán sul liberalismo giunto ormai al capolinea storico e incapace di rinnovarsi e stare al passo con i tempi. «La democrazia non deve essere per forza liberale» aveva detto il premier, criticato per questa esternazione dall’opposizione interna di centro-sinistra e dai progressisti europei.
Al di là dei modelli ai quali Orbán si ispira in termini di gestione del potere, vi è quindi da ribadire il fatto che gli interessi che legano l’Ungheria alla Russia sono prevalentemente di ordine economico; magari lo Stato danubiano non prova verso Mosca lo stesso timore che caratterizza lo stato d’animo dei baltici, della Polonia e dell’Ucraina, anche se vi è da dire che, a livello di opinione pubblica, non manca una certa inquietudine al pensiero delle manovre e dei movimenti del gigante russo in Europa, a partire dalla regione centro-orientale.
Per gli oppositori di Orbán, per esempio, non si può guardare contemporaneamente a Mosca e all’Occidente definito democratico. Il governo prosegue lungo la strada che ha scelto e sembra non dare troppo ascolto alle critiche degli avversari politici, l’amicizia con la Russia è importante ma questo, secondo gli osservatori, non basterà a provocare una levata di scudi da parte di Budapest, nei confronti di piani militari auspicati dalla Nato nella regione di cui anche l’Ungheria fa parte.
Del resto le autorità ungheresi riservano le loro energie soprattutto sul fronte del contraddittorio con l’Ue in ambito migranti. Un altro dei temi in programma al vertice di Varsavia è quello dell’Afghanistan e dell’islamismo radicale, argomento al quale le autorità ungheresi sono molto sensibili. Le questioni riguardanti la sicurezza europea vedono attualmente l’impegno di Budapest contro l’immigrazione clandestina che, secondo il governo danubiano è un facile veicolo di terrorismo, e contro la politica adottata da Bruxelles in ambito migranti, che secondo Orbán e i suoi è del tutto inadeguata ad affrontare un’emergenza come quella dei flussi migratori.
Flussi ingenti che, a parere dell’esecutivo del Fidesz, minaccia l’esistenza stessa dell’Europa. Questa la principale preoccupazione del paese che nei giorni scorsi ha annunciato la data del referendum sulle quote obbligatorie di accoglienza dei migranti volute dall’Ue.
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