by Anna Maria Merlo, il manifesto | 7 Luglio 2016 11:51
La Loi Travail entrerà in vigore definitivamente il 20 luglio. La “fronda” socialista, con la sinistra della sinistra, non è riuscita a raccogliere le 58 adesioni necessarie tra i deputati per presentare una “censura” al governo, dopo che Manuel Valls ha annunciato, martedi’, il ricorso al 49.3 per far passare la riforma del lavoro in seconda lettura all’Assemblée senza voto (né discussione). Come già a maggio, in seguito al primo 49.3, anche questa volta i dissidenti si sono fermati a 56 firme: tra esse, quelle di alcuni ex ministri dei primi governi della presidenza Hollande, i socialisti Aurélie Filippetti e Benoît Hamon, la verde Cécile Duflot. Come già a maggio, Martine Aubry, la sindaca di Lille che resta una personalità di primo piano del Ps, ha salvato Valls. Nessun parlamentare della corrente di Aubry, che si colloca nell’ala sinistra del partito, ha accettato di unirsi alla “fronda”. La direzione del Ps aveva minacciato i firmatari della “censura” di esclusione dal partito.
La legge è passata, ma la ferita resta, molto profonda. I conti tra correnti esploderanno al momento della primarie del Ps (che non saranno quelle di tutta la sinistra). Al momento, la ricandidatura di Hollande non è ancora chiara, anche se il presidente, che dovrebbe dichiararsi non prima di fine anno, è praticamente già in campagna.
La Loi Travail ha travolto il Ps e quello che restava dell’unità nella sinistra di governo. Ma anche nella sinistra sinistra la situazione non è delle migliori. Jean-Luc Mélenchon, che si è auto-dichiarato candidato alle presidenziali il 10 febbraio scorso escludendo di partecipare a eventuali primarie, ha affermato in un’intervista al sito Mediapart che il Front de Gauche “non esiste più”. Mélenchon è candidato della “Francia ribelle”. Il Pcf, che con il Parti de Gauche e Ensemble, faceva parte del Front de Gauche, è estromesso. Clémentine Autain, di Ensemble, esprime preoccupazione sulla “logica di guerra tra Pcf e Mélenchon”, che considera “un ingranaggio mortifero”. Alcune personalità del Pcf, tra cui l’ex segretaria (ed ex ministra) Marie-George Buffet, si sono già schierate con Mélenchon. Il segretario attuale, Pierre Laurent, invece crede ancora nella possibilità di arrivare a una candidatura di unità alla sinistra della sinistra. Per il Pcf la situazione è difficile, perché dopo le presidenziali ci sono le legislative. Nel 2012, malgrado l’11% di Mélenchon al primo turno delle presidenziali, il Pcf aveva dimezzato i deputati, a causa di mancati accordi con il Ps, come era successo nel passato. Adesso, non solo non c’è più la possibilità di intesa con il Ps dopo la spaccatura sulla loi Travail, ma c’è la minaccia di candidati alternativi legati a Mélenchon. Il Pcf potrebbe essere la principale vittima collaterale della tensione politica in corso tra le varie sinistre in Francia.
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