by Anna Maria Merlo, il manifesto | 20 Luglio 2016 10:42
L’offensiva della destra sta per mietere un primo, grosso, successo: il governo è pronto a cedere sul periodo di estensione dello stato d’emergenza, dai tre mesi annunciati da François Hollande nelle ore successive all’attentato di Nizza a sei mesi. Con un giro di vite rispetto all’applicazione dei mesi scorsi, ha concesso Manuel Valls, a cominciare dal ritorno delle perquisizioni extra-giudiziarie (amministrative), che erano state legalizzate solo nel periodo immediatamente successivo agli attentati del 13 novembre e poi sospese. Hollande, da Lisbona dove è in visita di stato, si è detto ieri “pronto” ad accettare la proposta di un prolungamento di sei mesi. Il portavoce del governo, Stéphane Le Foll, ha affermato ieri che questa proposta “puo’ fare oggetto di discussione” e un “accordo è possibile”. Per il ministro della Giustizia, Jean-Jacques Urvoas, l’allungamento a sei mesi “non è incongruo” perché ingloba l’anniversario degli attentati del 13 novembre a Parigi e Saint-Denis.
L’Assemblée ha cominciato a discutere del prolungamento dello stato d’emergenza ieri sera dalle 21,30. Oggi il testo passa al Senato. Il clima è molto teso tra maggioranza e opposizione e il dibattito potrebbe “durare fino a venerdi”, ha affermato Christian Jacob, capogruppo Lr. La destra, difatti, ha elaborato una raffica di proposte repressive, che vuole usare come un’arma politica per indebolire la maggioranza, il governo e Hollande, a nove mesi dalle elezioni presidenziali (che saranno seguite a ruota dalle legislative), convinta che la popolazione chiede “ordine” di fronte agli scossoni creati dal terrorismo. I Républicains voteranno il prolungamento dello stato d’emergenza, ma pongono delle “condizioni”. Inoltre, i candidati alle primarie della destra, che si terranno a fine novembre, si rincorrono per dimostrare di essere il più duro possibile. Eric Ciotti, presidente del dipartimento di Nizza, fedelissimo di Sarkozy: “la prossima elezione presidenziale si giocherà sul modo di proteggere i francesi e sulla capacità di essere un capo di guerra”. Alain Juppé, che ha pubblicato un libro dal titolo Un Etat fort: “il fatalismo non è una politica”. Bernard Debré, fedele di François Fillon: “non dobbiamo farci zittire dal governo, l’unità nazionale non significa stare zitti, siamo in stato di guerra e ci sono diversi modi di farla”. Bernard Apparu, supporter di Juppé, punta il dito contro le manifestazioni, Nuit Debout, i casseurs. C’è chi chiede un prolungamento dello stato d’emergenza a un anno, includendo cosi’ anche le presidenziali.
Il governo ha difficoltà a parare l’attacco e cede di fronte alle polemiche, indebolito al massimo. La controffensiva di Valls – “la risposta all’Is non puo’ essere la trumpizzazione delle mentalità” – appare ben debole di fronte alle “condizioni” della destra. La “linea rossa” da non superare, per ora, rimane la creazione di centri di ritenzione amministrativa per gli schedati “S”, sospetti di radicalizzazione. Per il governo, non rispetta lo “stato di diritto”. Ma la destra chiede, oltre a questi centri ripresi dal Patriot Act statunitense, il braccialetto elettronico per gli schedati “S”, la chiusura dei luoghi di culti sospettati di propaganda estremista, l’isolamento in carcere per i condannati per terrorismo e l’impossibilità di godere di riduzioni di pena (se queste misure fossero già in vigore, non avrebbero impedito il massacro di Nizza, visto che Mohamed Lahouaiej-Bouhlel non era schedato né frequentava moschee salafiste). La destra chiede una commissione d’inchiesta parlamentare su Nizza, perché accusa il Prefetto di aver sottovalutato i rischi. L’obiettivo dell’opposizione è di rendere operative tutte le misure repressive che erano state proposte di recente da una commissione parlamentare sul terrorismo: c’era anche l’espulsione degli stranieri o dei bi-nazionali legati al terrorismo (cioè il ritorno, per vie traverse, della triste questione della privazione della nazionalità). La destra pretende in altri termini un’applicazione severa dello stato d’emergenza, non più in forma alleggerita, come lo è stato negli ultimi mesi, sulla base del principio: “siamo in guerra”.
Questa svolta repressiva colpirà anche le manifestazioni sociali. Oggi, all’Assemblea passa la versione finale della Loi Travail. Il governo dovrà fare di nuovo ricorso – per la terza volta su questa contestata riforma del lavoro – all’articolo 49.3, cioè la legge passerà senza voto. Cgt e Fo avevano già previsto una nuova giornata di protesta il 15 settembre (anche se la legge è approvata, c’è il precedente del Cpe, il contratto di primo impiego, che ai tempi di Chirac era stato approvato ma poi non venne promulgato). Lo stato d’emergenza impedirà i cortei? L’autunno si annuncia molto caldo, il governo prende colpi da destra e da sinistra e la Francia rischia di entrare in un tunnel securitario molto pericoloso, con l’estrema destra in agguato.
Ieri, tutte le 84 vittime dell’attentato di Nizza erano state identificate.
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