Banche protette per sei mesi con 150 miliardi di fondi pubblici
Le banche italiane in sofferenza avranno un paracadute per i prossimi sei mesi. La Commissione Europea ha autorizzato, dopo giorni di incertezze e trattative, l’introduzione di uno schema di garanzia da 150 miliardi di euro (stima il Wall Street Journal) fino al 31 dicembre 2016. Il paracadute si potrà aprire in caso di onde sismiche prodotte da una speculazione finanziaria sul rischio rappresentato dai titoli tossici pari a 200 miliardi presenti nella «pancia» degli istituti di credito. Il coniglio pescato dal cappello ieri è stato presentato come una «misura precauzionale» dato che il governo ammette che la situazione è «grave», ma non «drammatica». La soluzione è stata trovata all’indomani del consiglio dei capi di Stato e di governo durante il quale l’esecutivo italiano ha avanzato l’ipotesi di una «flessibilità» di spesa rispetto al patto di Stabilità. Il «Brexit» peggiorerà le previsioni della crescita economica per il 2016 – lo hanno ammesso sia il presidente del Consiglio Renzi che il ministro dell’Economia Padoan.
Il problema è anche quello di rifinanziare il fondo «Atlante» creato dalle banche per affrontare la spesa per l’acquisizione della Popolare Vicenza e di Veneto Banca, quasi fallite. Servono 5 miliardi in più, oltre ai 4,2 a disposizione, 2,5 miliardi dei quali già spesi. Al momento ci sono 1,75 miliardi destinati all’acquisto di «Non performing Loans» (Npl), i crediti deteriorati che non ripagano capitale e interessi ai creditori.
Costi che hanno reso necessaria una nuova richiesta italiana di «flessibilità» del patto di stabilità, respinta dalla Cancelliera Merkel: «Non possiamo cambiare le regole ogni due anni» ha detto. Affermazione che ha innescato le recriminazioni da parte italiana. Renzi ha ricordato a Merkel che la Germania e la Francia sono gli unici paesi che hanno beneficiato, fino ad oggi, della «flessibilità». Nel 2003, ad esempio, quando alla presidenza di turno dell’Ue c’era Berlusconi. Un favore che Merkel non sembrava intenzionata a restituire.
La portavoce del vicepresidente della Commissione Ue Dombrovskis non ha commentato le «speculazioni» su una richiesta italiana di «bail-in» alla luce degli effetti del «Brexit» sulle borse. L’approvazione della garanzia pubblica per le banche è un punto a favore del governo sostenuto dal presidente della Commissione Juncker, dopo il via libera definitivo al decreto banche con il rimborso all’80% ai risparmiatori di Banca Etruria, Marche, Carife e Carichieti.
La sospensione temporanea arrivata da Bruxelles è un lasciapassare alle manovre già in atto in Italia per rifinanziare «Atlante» senza incorrere nelle procedure contro gli aiuti di Stato. Restano da sciogliere le perplessità diffuse tra i banchieri – ad esempio il presidente dell’Abi Patuelli e l’amministratore delegato di Intesa San Paolo Carlo Messina sull’ipotesi di un intervento del governo nel capitale delle banche in difficoltà. In questo uso del denaro pubblico per sostenere, in maniera precauzionale, le perdite delle banche c’è anche il rischio di mobilitare le risorse della Cassa Depositi e Prestiti (6-700 milioni), frutto del risparmio postale degli italiani. La Cassa dovrebbe distogliere una parte del suo capitale destinato all’«economia reale» nelle banche. In più dovrebbe probabilmente modificare il suo statuto per partecipare all’operazione.
Perplessità, e opposizioni, sono arrivate dai fondi previdenziali privati, come Inarcassa (la cassa di ingegneri e architetti) che si è detta contraria all’investimento in «Atlante». «Non siamo mucche da mungere – ha detto il presidente Giuseppe Santoro – mettiamo, allora, sul tavolo la questione della tassazione al 26% sui rendimenti finanziari» che grava sugli Enti. Noi paghiamo pensioni, non facciamo speculazione». «Bisogna vedere prima le condizioni» ha detto il presidente del’Adepp (l’Associazione nazionale degli enti previdenziali privati) Alberto Oliveti. Davanti alla richiesta del governo di impiegare le pensioni dei professionisti, Oliveti ha ribadito che l’imperativo dei fondi è garantire le pensioni in un’ottica prudente. Al fondo del barile resta un’altra ipotesi: rianimare la «Sga» che negli anni Novanta aveva gestito i titoli tossici del Banco di Napoli. Il problema è che ha pochi centinaia di milioni. Per finire c’è l’idea di ripescare i «Monti Bond».
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