Che siano di sinistra, o nazionalisti o islamisti, in molti turchi c’è sempre stata la convinzione che gli Stati Uniti siano dietro ogni colpo di stato. Questa stessa automatica reazione è presente anche oggi e sta portando molti a credere che Washington sia complice del tentativo fallito golpe del 15 luglio.
E il governo sta sfacciatamente alimentando questa percezione. Il ministro della Giustizia Bekir Bozdag non ha peli sulla lingua e durante un’intervista televisiva di domenica scorsa ha dichiarato: «Gli Stati Uniti sanno che Fethullah Gülen [il religioso islamico che vive in Pennsylvania che Erdogan accusa di essere l’ideatore della trama eversiva] ha dato vita a questo golpe. Obama lo sa meglio del suo stesso nome. Sono convinto che l’intelligence americana sa troppe cose». Secondo il ministro turco Washington sapeva cosa stava per succedere e non ha fatto nulla per mettere in guardia Ankara.
I media islamisti filogovernativi hanno anche affermato che gli Stati Uniti hanno cercato di uccidere Erdogan con questo tentativo di golpe. Secondo il quotidiano filogovernativo Yeni Safak, il golpe sarebbe stato organizzato dall’ex comandante della missione Isaf in Afghanistan John Campbell coadiuvato da un’ottantina di agenti della Cia. Secondo questa ricostruzione, i militari turchi sarebbero stati corrotti a suon di dollari, due miliardi, tramite una banca africana. Washington ha già smentito ogni coinvolgimento.
Nel frattempo, la rabbia tra i turchi – soprattutto islamisti e nazionalisti – contro l’Europa ha anch’essa raggiunto un picco. Il ministro turco degli Affari europei, Ömer Çelik, ha già fatto notare che alcuni leader europei non si sono presi la briga di correre in Turchia per esprimere solidarietà al governo democraticamente eletto. Ha aggiunto che i leader europei hanno cinicamente osservato gli eventi in corso in Turchia come se stessero guardando un gioco di Pokemon.
Ogni appello rivolto al governo turco dalle capitali europee per il rispetto dei principi democratici e dello Stato di diritto, nel perseguire i golpisti, ha il solo effetto di accrescere odio per l’Europa. Guardando a tutto quanto accaduto da quando la Turchia ha fatto domanda d’adesione alla Ue, emerge che i turchi sono convinti che l’Europa sia condizionata da un pregiudizio di fondo.
Il modo negativo in cui la Turchia è stata strumentalizzata nella campagna Brexit ne ha fornito la prova evidente, quando Cameron rassicurava il suo elettorato dicendo che i turchi non sarebbero entrati mai nell’Unione. L’esempio britannico è considerato dai turchi un chiaro caso di perfidia, dal momento che Londra si era sempre presentata come una convinta sostenitrice dell’ingresso della Turchia nella Ue.
Nonostante vi sia uno scambio di duri colpi tra Ankara e Washington, il legame tra Turchia e Usa con ogni probabilità sopravviverà per opportunità strategiche, ma rimarrà un rapporto senza amore. L’amministrazione Obama ha accettato di collaborare con la Turchia sull’estradizione di Gülen promettendo di attivare il Dipartimento di Giustizia a tale questione. Questo dimostra che si sta cercando di placare Ankara.
Ci sono anche alcuni analisti che sostengono che la vera ragione dietro la recente riconciliazione di Ankara con la Russia e Israele sia nella volontà di uscire da un isolamento internazionale e mostrare autorevolezza e forza proprio nei confronti dell’Europa. A tal proposito Erdogan ha annunciato che sarà a San Pietroburgo il 9 agosto prossimo.
L’Unione europea minaccia di scaricare la Turchia, se dovesse allontanarsi dai valori della democrazia e dello Stato di diritto, cosa che al momento non sembrerebbe destare una grande preoccupazione per Ankara che dialoga con Mosca. Ci si chiede: può l’Europa davvero permettersi di scaricare la Turchia? Il modo a dir poco disordinato con cui la Ue cerca di far fronte alla crisi siriana e al problema dei rifugiati non consentono all’Europa di fare a meno di un attore così importante.
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