Ecco la Bernie Revolution, «rumorosa e consapevole»
La convention democratica di Philadelphia, fuori dal palazzo dei congressi è cominciata un giorno prima. Domenica sono arrivati gli attivisti trasformando la paciosa Philly in modo inaspettato.
Innanzitutto si può tranquillamente dire che durante questo «giorno zero» della convention democratica ci sono stati più manifestanti che in tutta la convention repubblicana appena conclusa; migliaia di persone hanno sfilato per le strade, tutti sostenitori di Bernie Sanders, come se il candidato alle presidenziali fosse lui e non Clinton.
Il primo corteo aveva il nome di Climate Revolution, evidentemente incentrato sul cambiamento climatico che, secondo i manifestanti, è un tema intrinsecamente legato a questioni economiche che, con una presidenza Clinton, non verranno risolte e di conseguenza gli squilibri climatici peggioreranno.
La temperatura infuocata di Philadelphia di domenica pareva sostenere il tema sollevato dagli organizzatori di questo corteo che ha comunque marciato per ore.
La giornata era cominciata prestissimo con un training da parte di «Democracy Spring», vecchia conoscenza di Occupy Wall Street, che ha offerto un corso breve di disobbedienza civile e un how to in caso di arresto o arresto di massa, non avvenuto in quanto la presenza di polizia è stata minima. Come mai non eravate a Cleveland? Chiedo a Sasha, newyorchese: «Io personalmente ero lì ma molti non sono andati perché sinceramente i repubblicani questo anno fanno paura, non è solo una dialettica di destra, è come una sagra dell’odio. E poi qui non è legale circolare con i mitra a tracolla come in Ohio».
I manifestanti si sono radunati davanti il municipio per poi sfilare fino alla sede della convention, distante 5 chilometri e mezzo. Durante il percorso si trovavano distributori di ghiaccio e grossi container d’acqua dove era possibile riempire le proprie bottiglie; gli slogan, la partecipazione era quella di mesi fa, quando nel freddo gelido dell’aprile di New York avevo visto migliaia di persone accorrere ai comizi di Sanders.
Gli slogan inneggiavano #feelthebern, «noi siamo il 99%», si è alzato il canto dell’anticapitalista che echeggiava a Wall Street qualche anno fa e poi Black Lives Matter nonostante i neri presenti fossero pochissimi.
Tutte le anime dell’antagonismo americano erano presenti, ma non contro Hillary, più a favore di Sanders, come se le primarie non si fossero mai concluse. «Una rivoluzione politica non termina con le elezioni – afferma Beth che arriva dal New Jersey – questo è un movimento, non un comitato elettorale. Continueremo a far sentire la nostra voce anche dopo l’elezione del presidente».
Dopo il corteo i manifestanti si sono spostati a Vernon Park, nell’estremo nord della periferia di Philadelphia dove è avvenuto un comizio pro Sanders con Susan Sarandon, che ha arringato la folla parafrasando il famoso incitamento di Steve Jobs, ripetendo «Restate consapevoli, restate rumorosi», ma non ce n’era bisogno visto il bisogno stesso dei partecipanti di farsi sentire e ripetere che il processo innescato non prevede inversioni.
Ma per chi voterà a novembre questa massa di elettori? E voterà? La folla di Philadelphia non è compatta, sicuramente da qui non ci saranno le temute defezioni a favore di Trump. «Preferisco avere Hillary come nemico – spiega Michael, di Washington Dc – se non posso scegliere il candidato ideale posso almeno scegliere il nemico migliore, che non è Trump».
Molti voteranno per Jill Stein del partito dei verdi: «Secondo me vedremo un rafforzamento di questo partito – ammette Clay, uno degli organizzatori dei volontari di Sanders a Philadelphia – Non so se si arriverà a un terzo partito ma potrebbe anche accadere».
Ciò che appare chiaro è che la base americana non è più passiva. Gli studi demografici dimostrano che le nuove generazioni ed i nuovi votanti (afroamericani in special modo) sono politicizzati e lo sono a sinistra e che una maggiore affluenza è sufficiente a favorire l’elezione di Clinton ed anche un rafforzamento del – per ora – inesistente partito verde.
Le nuove generazioni, molto meno iconizzate dalla televisione ma esposte a una vastità di input provenienti da tutto il mondo, grazie ad internet ed ai social, non si sono nutrite solo di propaganda americana mirata allo status quo, ma hanno sviluppato un senso critico internazionalista che ha portato, ad esempio, alla fine della demonizzazione del socialismo di cui i loro genitori sapevano poco e niente ma di cui comunque avevano paura.
Di sicuro sembra che tra dentro e fuori il palazzo della convention ci sia una falla temporale.
All’interno – nell’aria condizionata del palazzo dei congressi – agisce un sistema politico novecentesco che usa il linguaggio e le prassi che le migliaia dei manifestanti sotto il sole inclemente stanno sradicando.
Per tutta la durata della convention sono previste manifestazioni; è in arrivo Rosario Dawson, altra grande sostenitrice di Sanders, che parteciperà a «Truth To Power, Rock The Vote», la serie di incontri, concerti e dibattiti su Sanders e la Political Revolution a Spring Park, mentre Occupy Wall Street, la parte più vicina al movimento hacker, sta chiedendo, dopo il leaks delle mail rilasciato da Assange, che i delegati sconfessino questa convention avvelenata dai giochi politici.
Come si deduce questo movimento, nei prossimi giorni e non solo, ha tutte le intenzioni di restare consapevole e molto rumoroso.
Related Articles
Gilet jaunes. La guerra sociale di lunga durata continua
Francia. I movimenti di massa francesi, con le loro rivedicazioni iperdemocratiche, come quella di una «assemblea dei cittadini» non sono morti: possono essere sospesi, cambiare forma, andare in sonno per qualche tempo con la certezza di risvegliarsi alla prima occasione
Giustizia sociale, Italia ventitreesima in Ue. Il peso del gap generazionale
Peggio di noi solo Ungheria, Bulgaria, Romania e Grecia. Cattiva la gestione dei tagli attuati dai paesi più colpiti dalla crisi. Il rapporto della fondazione tedesca Bertelsmann Stiftung rileva come negli ultimi anni si sia allargata la forbice fra nord e sud-est Europa
Anche il segretario alla Difesa USA “Mad dog” Mattis molla Trump
Stati uniti. L’ex generale lascia la Difesa dopo un progressivo allontanamento dal presidente. Casa bianca nel caos: il segretario era considerato l’ala moderata dell’amministrazione. Il ritiro dalla Siria l’ultima goccia