La polizia Usa sotto attacco

by Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera | 18 Luglio 2016 9:52

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CLEVELAND Ancora un colpo di rasoio sull’America. Ancora una strage di poliziotti: tre agenti assassinati e altri tre feriti, uno in gravissime condizioni, nell’apparente quiete di una domenica mattina a Baton Rouge in Louisiana, nel profondo Sud del Paese, non lontano da New Orleans. Il killer è stato ucciso dalla polizia: si chiamava Gavin Long,ex marine, 29 anni, afroamericano nato a Kansas City, nel Missouri. In un primo momento sembrava che le forze dell’ordine stessero cercando almeno altri due complici, ma in tarda serata il colonnello della polizia locale, Mike Edmonson, precisava: «Non ci sono altre possibilità di scontri a fuoco a Baton Rouge». Un modo tortuoso per dire che il giovane Gavin Long ha agito da solo. Nel giorno del suo compleanno. Questi pochi dettagli sull’assalitore sono il frutto di indiscrezioni filtrate nella notte. Nella conferenza stampa del pomeriggio gli ufficiali incaricati delle indagini non le hanno confermate, rinviando a un altro incontro con i reporter oggi alle 13 (le 19 in Italia) e spiegando: «Siamo impegnati in un’intensa attività di controllo. Non abbiamo ancora il quadro completo».

Ma è sempre più evidente che Baton Rouge sia una replica dell’imboscata di Dallas, dove il 7 luglio scorso, Micah Johnson, un «black» di 25 anni, veterano dell’esercito, sparò nel mucchio delle divise, durante una manifestazione di protesta organizzata dalla comunità afroamericana: cinque vittime, sette feriti.

Diversi particolari fanno pensare a un agguato. Ieri mattina il centralino della polizia di Baton Rouge riceve una chiamata confusa, concitata: «Correte alla stazione di servizio sulla Old Hammond Highway, c’è un uomo armato che gira minaccioso». Le pattuglie si precipitano sul posto alle 8.45 e vengono accolte da una sequenza ravvicinata di colpi. Un testimone ha poi riferito alla tv locale «Wbrz» di aver scorto un uomo completamente vestito di nero e con il volto coperto da una maschera da sci, o qualcosa del genere, aprire il fuoco su una squadra di poliziotti. L’assalitore maneggiava un lungo fucile, probabilmente un modello simile al semi automatico Ar-15. Lo stesso testimone lo ha visto allontanarsi cercando una via di fuga tra un auto lavaggio e un emporio.

Lo scontro a fuoco e l’inseguimento è durato almeno 45 minuti. Al momento c’è solo un video che riprende un’auto civetta ferma in mezzo alla carreggiata: un agente è già fuori, accosciato all’altezza della portiera. Si sente il rumore secco delle armi. L’agente muove le braccia, fa segno a tutti gli altri di allontanarsi .

Alle 11.15 Don Coppola, portavoce della polizia di Baton Rouge confermava che alcuni agenti erano stati colpiti. Poco dopo l’annuncio ufficiale. I morti sono tre: due agenti del Dipartimento di Polizia, 41 e 32 anni e un vice sceriffo, 45 anni, in forza al distretto dello Sceriffo di East Baton Rouge. Uno degli uomini in divisa ucciso si chiamava Montrell Jackson, afroamericano come il suo giovane carnefice.

La reazione delle autorità è stata immediata: macchine e blindati hanno bloccato gli svincoli e le autostrade, controllando diverse automobili. Un elicottero ha monitorato dall’alto gli spostamenti nell’area.

Mentre a Baton Rouge cominciava la grande caccia a ipotetici fuggiaschi, le forze di polizia di tutto il Paese entravano in stato di allerta. La tensione è rimbalzata fino a qui, a Cleveland, dove oggi comincia la Convention del partito repubblicano, tra i timori di scontri violenti tra manifestanti pro o contro il protagonista assoluto, Donald Trump.

La sparatoria di ieri mattina si è sviluppata non lontana dalle zone attraversate, nelle ultime due settimane, dalle marce promosse da «Black Lives matter», l’organizzazione nata per contestare i metodi violenti usati dalla polizia nei confronti degli afroamericani.

La strage di Baton Rouge è già entrata nella discussione politica in un Paese diviso sui temi della sicurezza e dalle tensioni razziali. È intervenuto anche Barack Obama. Alle 15 (le 21 in Italia) ha fatto diffondere questa dichiarazione: «Per la seconda volta in due settimane, agenti che stavano facendo il loro lavoro sono stati uccisi in un attacco codardo e riprovevole. Giustizia sarà fatta. Non conosciamo ancora il motivo dietro questo attacco, ma voglio essere chiaro: non c’è giustificazione per la violenza contro le forze dell’ordine. Nessuna. Questi attacchi sono opera di vigliacchi che non rappresentano nessuno». Il presidente è poi comparso in diretta sugli schermi delle tv americane alle 16.30, riprendendo i toni del discorso che aveva pronunciato a Dallas, martedì 12 luglio, nel corso della Cerimonia interreligiosa in memoria di cinque poliziotti uccisi. «Non è il momento di scambiarci accuse – ha detto Obama – l’attacco alla polizia è un attacco a tutti noi. Ora dobbiamo moderare le nostre parole e aprire i nostri cuori. Ora dobbiamo cercare ciò che ci può unire e non ciò che ci può dividere». Si vedrà se il leader della Casa Bianca deciderà di andare anche a Baton Rouge, ma certo il suo tentativo di ricucitura psicologica, sociale e politica appare sempre più difficile. Da Cleveland, Trump lo accusa di mettere a rischio la sicurezza del Paese.

Baton Rouge è una delle città da cui è partita la nuova striscia di sangue. Il 5 luglio, Alton Sterling, afroamericano di 37 anni, venditore ambulante di cd, venne prima immobilizzato e poi colpito a morte da due agenti.

Nell’ultima settimana le televisioni americane hanno alternato le immagini dei funerali degli agenti a Dallas e delle marce che sono continuate dopo la morte di Sterling a Baton Rouge e di un altro giovane di colore Philando Castile, 32 anni, ucciso dagli agenti di St. Paul in Minnesota: tutto filmato e trasmesso in diretta dalla sua compagna Diamond Reynolds. Ora si torna di nuovo a Baton Rouge, in un circuito infernale che non si spezza.

Giuseppe Sarcina

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