by Francesca Fornario, il manifesto | 1 Giugno 2016 9:51
Roma. Davanti ai cancelli chiusi del Baobab ieri notte hanno dormito in duecento. In venti in tende da sei, accucciati sotto ai tavoli di plastica del presidio permanente dei volontari, accampati sull’asfalto di via Cupa, a pochi passi dalla stazione Tiburtina, con donne e bambini approdati a Roma dal Sudan, l’Eritrea, l’Etiopia, altri paesi dove era troppo pericoloso o doloroso restare.
Stanotte saranno di più, e di più ogni notte che segue, stretti nelle nuove tende che i volontari hanno montato dall’altro lato della strada con l’aiuto della comunità Rom, che da undici anni si è stabilita in questo spicchio d’asfalto tra la Stazione e il Verano: «Certo che vi aiutiamo a montare le tende! Possono stare qui. Abbiamo visto che ci sono dei bambini! Anche da noi. Noi lo sappiamo cosa vuol dire sentirsi stranieri», spiegano respingendo l’offerta di cibo raccolto dai volontari per i migranti:
«Ma no, il cibo è per loro. Noi siamo poveri ma da mangiare lo abbiamo. Vi aiutiamo a tenere pulito, che ci sono i bambini», insistono indicando i bambini, i loro che giocano a terra, per dire che i bambini sono così, tutti, giocano a terra e allora bisogna tenere pulito. Mostrando l’interno tirato a lucido delle loro roulotte: «Ma perché il governo non gli trova un posto? Aspettano che venga eletto il nuovo presidente?», domandano, confondendo le elezioni comunali con quelle politiche, che in effetti ormai ci sono solo quelle.
Al netto della confusione, è probabile che abbiano ragione. Aspettano, è chiaro. Qualcuno di quelli che possono decidere – e decidere dove dormire – deve aver deciso di ignorare gli appelli degli attivisti, che da mesi denunciano che con l’arrivo della bella stagione gli sbarchi sarebbero aumentati e da poche decine i migranti bisognosi di assistenza sarebbero diventati centinaia (erano anche settecento al giorno, l’estate scorsa, quelli che approdavano ogni sera al Baobab).
Devono aver deciso che sia meglio lasciarli dormire a centinaia per strada invece che al chiuso, nei locali da anni in disuso dell’ex Istituto Ittiogenico, lo spazio a poche decine di metri dalla stazione che gli attivisti hanno individuato per rimettere in moto il Baobab, come avevano fatto quando il centro di accoglienza era stato chiuso per Mafia Capitale.
L’ex Ittiogienico, il centro che serviva a favorire la riproduzione dei pesci rari, è abbandonato da anni, con le sterpaglie che ricoprono le vasche e le mura di proprietà della Regione. I pesci non sono più una priorità, e nemmeno le persone. Un mese fa gli attivisti hanno tentato l’occupazione dei locali, subito bloccata dagli agenti in tenuta antisomossa con la promessa, da parte del commissario Tronca, di destinare «al più presto un’area idonea» all’accoglienza dei migranti che continuano a riversarsi in via Cupa, passandosi la voce perché lì sapevano esserci un posto sicuro, un letto, un pasto, un medico, vestiti di ricambio.
«Al più presto un’area idonea». La stessa promessa da mesi, ma l’estate ha fatto prima del più presto e – come previsto – gli arrivi dei migranti in transito si sono moltiplicati per dieci e per venti. I volontari non si fermano un attimo, sono rimasti in piedi a montare le tende, raccolgono latte e biscotti per la colazione, registrano gli arrivi, chiamano le strutture – tutte piene – per sistemare su un letto almeno i più piccoli, si coordinano in turni per distribuire i vestiti, collaborano con la Croce rossa, i Medici per i diritti umani di Medu e Medici senza frontiere che invitano infermieri e medici a visitare i migranti dietro a un lenzuolo, su un lettino da campo aperto sull’asfalto. Emergency è pronta ad aprire un ambulatorio, ma dove?
Via Cupa è una stradina stretta e corta, attraversata dalle macchine, gonfia di tende e materassi. Servirebbe un posto vero, con veri letti e veri bagni, con le docce e la cucina, com’era il Baobab. Che è sempre lì, chiuso, con le sue docce e i suoi bagni, chiusi dietro ai muri davanti ai quali si dorme all’aperto, tra i materassi e i bagni chimici. Stamattina una delegazione dei volontari è a Bruxelles, per denunciare la situazione al parlamento europeo. Nel frattempo, in via Cupa e tra lo roulotte dei Rom si montano altre tende per la notte, si distribuisce il poco cibo che c’è e i vestiti raccolti grazie alle offerte della cittadinanza. E si dorme in venti in tende da sei. Al più presto, stasera stessa.
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