by Paolo Cagna Ninchi, Sergio Cusani, Bianca Dacomo Annoni, Corrado Mandreoli, Dijana Pavlovic, Sergio Segio | 18 Giugno 2016 9:12
Il potere milanese è sempre più indifferente alle mille periferie di poveri, “zingari”, sfrattati, pensionati ridotti alla minima sussistenza, migranti, vecchi malati di solitudine, anziani costretti a rinunciare a cure e medicine, giovani abbandonati a se stessi e condannati a una vita di precariato, piccoli negozianti costretti a chiudere perché non più in grado di fare credito ai loro vecchi e giovani clienti in difficoltà e dal proliferare di ipermercati. Quelle mille periferie e quelle decine di migliaia di persone sono state rese invisibili, offuscate e lontane dalle luci dei centri che brillano di nuovi grattacieli, di settimane della moda e di movide.
Questo mondo senza rappresentanza e senza riconoscimento, se non quello di un’assistenza trasformata in carità, è vitale ed esprime non solo bisogni e chiede non solo il riconoscimento di diritti fondamentali, come la casa e il lavoro, ma manifesta anche il bisogno e reclama il diritto di partecipare, di uscire dai ghetti in cui vengono relegati come scarti di una società che non ha tempo, attenzione e risorse per loro.
E questo mondo lo fa anche dimostrando capacità di organizzarsi, di aggregare pur se, troppo spesso, in modo episodico, frammentato, incapace di comunicare, di collegarsi ad altri, di pesare. Il potere politico, talvolta, guarda a questo mondo lo fa strumentalmente ed esclusivamente per calcolo elettorale, passato il quale lo rivede come un problema da evitare e da zittire, quando prova a prendere parola, oppure da anestetizzare con parole vuote e pacche sulle spalle.
Così, finito il tempo delle parole che promettono, le mille periferie tornano alla loro solitudine, nel loro cono d’ombra facendo i conti con la materialità quotidiana di una vita faticosa di stenti e di angosce nel silenzio e nella negligenza della politica.
Per chi non vuole essere costretto tra Scilla e Cariddi, tra Sala e Parisi, deve costruire da subito un’alternativa per il futuro, che si presenta assai infausto. E’ vero bisognava pensarci prima, molto prima ma comunque bisogna pensarci almeno ora: non è mai troppo tardi, non è mai inutile. Anzi.
Proviamo a pensare, per una volta, che le mille periferie – urbanistiche, economiche, sociali, relazionali – riconoscano di essere rese uguali nelle loro differenze da tutto quello che è loro negato e che, partendo da questo, si uniscano e si organizzino in un movimento che guardi ben oltre le scadenze elettorali.
La Giunta della città delle mille periferie: si può e si deve fare. Le mille periferie unite possono mettere al centro dell’agire politico i bisogni e diritti propri e di tutti, partendo dagli ultimi, rendendoli protagonisti perché nessuno si trovi solo e schiacciato di fronte alla forza arrogante del denaro e del potere i cui rappresentanti potenti e privilegiati sono una piccola minoranza che espropria la maggioranza del diritto a un futuro, ad un dignitoso benessere e anche alla bellezza.
A differenza della politica che offre carità spesso pelosa, di quella che agita ruspe per ripulire il mondo dagli scarti sociali (“zingari”, poveri e immigrati) e anche di quella socialmente attenta ma votata al minoritarismo, che persiste nel rimembrare la tramontata età dell’oro, i poveri e gli esclusi non possono limitarsi a raccogliere la carità o a guardare all’indietro. Perché – come Massimo Troisi nell’indimenticabile sketch – sono già gli ultimi, dietro di loro non c’è nessuno. Sono obbligati a guardare e cercare in avanti, a lottare per un futuro, oggi negato dalla rapina quotidiana dei beni comuni, dalle privatizzazioni, dalle diseguaglianze profonde e ingiuste.
A prescindere da parole e promesse, quasi sempre a vuoto, del periodo elettorale, costruiamo alleanze sociali tra chi viene escluso, proponiamo incontri pubblici e aperti a coloro che questa alternativa vogliono contribuire a costruirla ora e subito.
La città è di tutti. Riprendiamoci la città. Riprendiamoci la dignità, riprendiamoci la vita.
Il peggio, purtroppo, non sta mai alle spalle, di questi tempi.
Paolo Cagna Ninchi, Sergio Cusani, Bianca Dacomo Annoni, Corrado Mandreoli, Dijana Pavlovic, Sergio Segio
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