by Gabriele Annicchiarico, il manifesto | 19 Giugno 2016 16:57
BRUXELLES Incombe ancora la minaccia terrorista sulla città di Bruxelles. Secondo i servizi di sicurezza un nuovo attentato sarebbe stato sventato nella notte fra venerdì e sabato durante una vasta operazione di polizia che ha interessato il cuore della capitale europea e le regioni delle Fiandre e della Wallonia.
Una quarantina di perquisizioni e l’arresto di dodici sospetti avrebbero evitato un attentato che, secondo fonti ufficiali, avrebbe potuto colpire luoghi di interesse pubblico. Le operazioni di perquisizione non avrebbero portato alla scoperta né di armi né di esplosivi ma avrebbero confermato la presenza di piani terroristici pronti a entrare in azione nella giornata di sabato.
L’attenzione delle forze dell’ordine si è concentrata sulle piazze con maxi schermo dove centinaia di tifosi si sono dati appuntamento per assistere alla sfida calcistica Belgio-Irlanda per gli Europei 2016, fra i principali presunti obbiettivi dei terroristi. Un evento che si è svolto fra l’euforia per la vittoria della nazionale belga e un’atmosfera ditensione evidente per le misure di sicurezza: chiusura del perimetro delle piazze e perquisizioni individuali per l’accesso.
La capitale belga resta blindata con un livello di minaccia di 3 su una scala di 4 (minaccia veritiera e possibile). La presenza militare resta importante con 1.800 militari nelle strade della capitale a cui si devono sommare le forze di polizia locali. Una presenza percepita come necessaria dall’opinione pubblica non senza qualche episodio di tensione. Di appena un mese fa è la notizia apparsa sul quotidiano Le Soir di una serie di denunce per abuso di potere di alcuni militari in pattuglia nelle strade pubbliche, i quali avrebbe aggredito alcuni passanti perché ritenuti sospetti. Di casi isolati hanno parlato le autorità belghe che hanno garantito trasparenza e vigilanza.
Prosegue intanto l’inchiesta sugli attentati del 22 marzo scorso a Bruxelles. Diversi sospetti fiancheggiatori sono stati arrestati nei giorni scorsi. Fra questi i fratelli Smail Farisi e Ibrahim Farisi, presenti durante la preparazione degli esplosivi, così come Osama Krayem, siriano con passaporto svedese, presente nella stazione metro Maelbeek in compagnia di uno dei tre kamikaze (Khalid El Bakraoui) entrati in azione la mattina del 22 marzo scorso. I fratelli Farisi e Krayem collaborano con le forze dell’ordine e avrebbero portato elementi importanti per il proseguo dell’indagine.
Silenzio invece per Salah Abdeslam, estradato in Francia e descritto dalla stampa internazionale come la «primula rossa» del gruppo terrorista. Quello che avrebbe dovuto essere il primo pentito nella storia della jihad «made in Europe» ha poi ritrattato il proprio pentimento relativo alla sua partecipazione agli attentati del 22 marzo a Bruxelles.
Restano molte ombre nell’indagine, in particolare sulle dimensioni della cellula terroristica che avrebbe colpito la capitale francese e poi quella belga. In particolare si dovrà far luce sulla presenza di altri gruppi terroristici sul territorio del Belgio e sui possibili legami con l’Isis. Ma soprattutto resta da capire quali siano i flussi economici che hanno garantito il finanziamento delle cellule che avrebbero avuto il compito di reclutare giovani combattenti da inviare in Siria prima, e di organizzare gli attentati terroristici dopo. Un filone dell’indagine ad oggi non ancora sufficientemente approfondito.
La tensione per la minaccia terrorista prende forma in un paese che deve ancora fare i conti con le tensioni sociali e un’ondata di scioperi che ha bloccato il Belgio nella seconda metà di maggio coinvolgendo i trasporti ferroviari e quelli pubblici locali, ma anche gli agenti penitenziari e la magistratura. Un’ondata di malcontento che passa però in secondo piano quando la minaccia alla sicurezza del paese sembra essere seria e imminente.
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