Pensionato si uccide aveva perso tutto nel crac di Vicenza

Pensionato si uccide aveva perso tutto nel crac di Vicenza

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La vita di Antonio Bedin è finita alle sei di sera di mercoledì, con un colpo di pistola al petto. «Il suicidio è l’unica ipotesi», tagliano corto in procura a Vicenza, dove è stato comunque aperto un fascicolo. Il corpo di Bedin è stato trovato nella sua casa di Montebello Vicentino, paese di 5 mila abitanti. Operaio per una vita alla ditta Feroli, fino a diventare perito, Bedin aveva fatto la “carriera orizzontale” dei vecchi comunisti. Negli anni Ottanta era stato anche segretario del Pci nel paese. Lavorando, era riuscito a risparmiare. Dagli anni Novanta aveva acquistato con regolarità azioni della Popolare di Vicenza, fino a possederne migliaia. Un tesoro da 400 mila euro – secondo la stima dei familiari quando i titoli BpVi erano quotati 62,50 euro. «Poi, col crollo del prezzo, Antonio si è trovato in mano un pugno di mosche», racconta chi gli voleva bene. Una storia che ricorda quella di Luigino D’Angelo, il pensionato di Civitavecchia che si è tolto la vita nel dicembre scorso dopo aver scoperto che i 110 mila euro investiti in obbligazioni subordinate di Banca Etruria erano diventati carta straccia.
Malato di cuore e con problemi a camminare, Bedin a 67 anni pensava già a quando sarebbe entrato in casa di riposo. I risparmi sarebbero dovuti servire a integrare la pensione. «Era solitario. Risparmiava e badava ai suoi cani », racconta la cognata. Come molti dei piccoli soci che hanno visto sparire il frutto di una vita di lavoro, Bedin aveva affrontato la penosa trafila della speranza nel rimborso. Si era rivolto ad avvocati. Era andato alle assemblee degli azionisti per vedere in faccia Gianni Zonin, il patron della banca, che proprio a Montebello Vicentino ha una villa. Un casolare bianco con campo da tennis, in cui nei giorni scorsi si è fatto vedere assieme alla moglie. La tenuta Zonin dista 700 metri dall’appartamento in cui Bedin si è sparato. I carabinieri ripetono che «le cause sono da chiarire». Il sindaco Dino Magnabosco dice: «Di gente che ha perso tutto in paese ne abbiamo tanta. Molti sono anziani. Vengono in Comune per informarsi su chi pagherà per loro quando avranno bisogno di assistenza. Lo chiedono a mezza voce, con vergogna. Ed è questo che mi fa paura, la vergogna di chi è fragile e non ha colpe».
La Regione Veneto ha attivato presso l’ospedale di Vicenza un numero verde di Prevenzione suicidi. La referente, Emilia Laugelli, dice che nelle ultime settimane sono aumentate le richieste di aiuto di piccoli azionisti delle popolari venete.
Bedin ha lasciato un biglietto al fratello, ex preside di scuola. «Sto male. In chiesa, niente predica. Tratta bene i cani. Portali fuori. I soldi ci sono». Inteso: i soldi che bastano a curare gli animali. Renato Bertelle, presidente dell’Associazione nazionale soci della Popolare di Vicenza, attacca: «Non devono esserci altri Bedin. La procura deve indagare, i colpevoli devono pagare e chi ha perso i soldi devi riaverli». Per Elio Lannutti, presidente di Adusbef, «i magistrati di Vicenza non hanno fatto nulla per impedire il più grande crack finanziario del dopoguerra». E i risparmiatori dell’associazione Noi che credevamo nella Popolare di Vicenza, domani manifesteranno di fronte alla sede della banca. «Staremo in silenzio – dice il portavoce Luigi Ugone – ci sono avvisaglie preoccupanti». Come la bomba a mano da esercitazione trovata lo scorso 10 giugno davanti a una filiale di BpVi a Brescia. Il procuratore di Vicenza, Antonino Cappelleri, esprime «cordoglio per Bedin» e assicura che «si sta facendo il possibile per arrivare alla verità».


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