by ANTONELLO GUERRERA, la Repubblica | 15 Giugno 2016 17:28
«Nonostante i proclami, dopo quattro anni di Hollande la Francia è sempre più spaccata. Paura e tensioni sono molto diffuse nella società. E c’è una radicalizzazione preoccupante di alcuni gruppi, molto organizzati, che presto forse potrebbero prendere le armi. E far ripiombare la Francia in nuovi Anni di Piombo».
Marc Lazar, politologo, professore alla Sciences Po di Parigi e alla Luiss e acuto osservatore della società contemporanea, teme per il futuro del suo Paese.
Terrorismo, tensioni sociali sempre più esasperate, poliziotti aggrediti dai manifestanti proprio nel giorno dell’esecuzione jihadista di un agente, Europei di calcio afflitti da hooligan, violenze e minacce. Professor Lazar, è la tempesta perfetta della Francia?
«No, non la metterei così. Le fondamenta dello Stato sono ancora solide. Abbiamo conosciuto momenti ancora più tesi nella nostra Storia, vedi il Sessantotto o la Guerra di Algeria. Ma certo la minaccia dell’estremismo islamico è sempre lì. E il Paese è in declino. C’è una crisi di identità sempre più diffusa. Le spaccature sono più profonde».
Come si è arrivati a questo punto?
«Per quanto riguarda le tensioni sociali, sono state due le ultime cause scatenanti: il disegno di legge, poi abbandonato dal governo Valls, sulla déchéance de la nationalité (la revoca della nazionalità ai condannati per terrorismo, ndr) che ha suscitato molto malessere a sinistra. E poi il “Jobs Act” alla francese. Una riforma spiegata male, proposta mentre Hollande ha una popolarità bassissima, e che perciò ha scatenato la protesta di alcuni sindacati e delle fette di società che hanno paura del cambiamento: gli scioperi sono di frange molto minoritarie. Ma, almeno fino a qualche settimana fa, per i sondaggi, la protesta era condivisa dalla maggioranza dei francesi».
Un Paese spaccato dunque, nonostante la minaccia Is e l’ultimo attacco di ieri. Perché?
«C’è un processo di radicalizzazione di alcuni gruppi di giovani, spesso di buona famiglia, da almeno tre anni. Mi fa pensare alle estremizzazioni del 1977 in Italia. Oggi i manifestanti radicali sono contro l’austerità, la mancanza di futuro, la politica tradizionale, odiano la sinistra più della destra in quanto “traditrice”. Vogliono distruggere il capitalismo, sono per una rivoluzione utopica ma inconsistente. È una radicalizzazione che ci può portare a tempi molto duri, come negli anni ‘70. Il prossimo passo è l’utilizzo di armi, cui possono ricorrere queste frange più estreme ma molto organizzate. E farci sprofondare nella violenza».
E intanto cresce il pericolo degli estremisti islamici, spesso radicalizzati nelle periferie.
«C’è sicuramente una parte molto piccola della comunità musulmana che si sta radicalizzando e che rifiuta il modello di integrazione repubblicana. Che è in crisi come il multiculturalismo in Europa, a causa delle falle economiche e politiche. Il sistema è da reinventare. Oggi ci sono due “France”: la componente più istruita aperta al mondo e le classi meno istruite che hanno paura e si oppongono a stranieri, Europa e globalizzazione. Senza risposte politiche immediate a questo malessere, la situazione potrebbe diventare catastrofica».
Qual è il futuro della Francia?
«Difficile dirlo. Certo Hollande ha fallito, perché non è riuscito a unire il Paese, nonostante i proclami. Voleva essere un presidente “normale” ma la sua mancanza di carisma e il contesto non hanno aiutato. I francesi vogliono sì più partecipazione e “orizzontalità” ma anche un leader che indichi loro la strada».
E se questo leader fosse Marine Le Pen?
«Difficile. Ma certo quello che sta accadendo oggi è un’autostrada per lei. Da un po’, è molto più discreta e attendista. Sa che non ha più bisogno di dire niente. Perché tutto gioca a suo favore. E appena inizierà la campagna elettorale dirà: “Ve lo avevo detto, io”».
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