by Marco Ansaldo, la Repubblica | 8 Giugno 2016 18:35
In Turchia ormai non c’è un giorno senza crisi. Ieri doveva essere una mattinata di relativa tranquillità, con l’inizio del Ramadan, il mese islamico di digiuno, ma il terrorismo ha colpito ancora. E lo ha fatto nel centro di Istanbul, sul quartiere di Beyazit, sponda europea della metropoli fra due continenti, in una strada non lontana dall’Università e da alcuni dei principali siti frequentati dai turisti. La bomba, piazzata in un’automobile e innescata con un comando a distanza, è stata fatta esplodere al passaggio di un autobus della polizia, alle 8,35. Il boato, terrificante, è stato udito a quartieri di distanza. A terra sono restati 11 morti, 7 agenti e 4 civili. Tutti cittadini turchi. Subito è scattato il divieto “parziale” sulla diffusione di notizie e immagini relative all’attacco, misura ormai consueta in Turchia e volta a impedire il rilascio di notizie non ufficiali.
L’azione non è stata rivendicata. Ma le autorità puntano il dito contro i ribelli curdi del Pkk. Più probabile, tuttavia, che l’attacco sia stato portato a termine da gruppi radicali come il Tak, i Falchi per la liberazione del Kurdistan, soliti condurre blitz sanguinosi che non risparmiano i civili. Non si esclude neppure la pista del cosiddetto Stato islamico, già protagonista di altri due attacchi a Istanbul. Nel pomeriggio 4 persone sono state fermate con l’accusa di aver noleggiato l’auto fatta poi esplodere. Per alcuni osservatori, comunque, l’azione non è altro che un riflesso della guerra scoppiata lo scorso inverno nel Sud est dell’Anatolia fra i militari e il Pkk, dove diverse città si trovano sotto un pesante e insostenibile coprifuoco per la popolazione inerme.
Il presidente Recep Tayyip Erdogan, in visita ai feriti, accusa il movimento fondato da Abdullah Öcalan: «Che i gruppi terroristici come il Pkk si spostino nei centri urbani non è una novità». Alla Turchia è giunta la solidarietà internazionale. Ma a soffrire di questa situazione è ora anche il turismo: i primi dati segnalano già un 30% di incassi in meno.
La dirigenza turca si sente accerchiata. E dopo i recenti dissapori fra Ankara e Berlino il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, dice che i media tedeschi «non sono liberi» in quanto tutti i quotidiani hanno titolato nello stesso giorno contro Erdogan e questo «non è una coincidenza». Anche la stampa russa, secondo il capo della diplomazia di Ankara, sarebbe influenzata dalla «lobby armena », visto che gli «interessi armeni stanno provando ad avvelenare anche le relazioni tra Turchia e Russia».