by Simone Pieranni, il manifesto | 27 Giugno 2016 9:24
Quando incontro Lola Sanchez, europarlamentare di Podemos, all’interno del teatro Goya a Madrid, il quartier generale scelto per seguire i risultati del voto, la percezione di una sconfitta è ormai assodata.
L’incredulità iniziale è ormai superata. Si sta razionalizzando. Lola Sanchez sorride, come hanno fatto per tutta la campagna elettorale i ragazzi e le ragazze di Podemos, ma la delusione è cocente, non si può nascondere; neanche la sua gentile combattività può nulla contro qualcosa che non ci si aspettava. Unidos Podemos ha perso, c’è poco da girare intorno a un dato elettorale che mette in crisi fin da subito un’alleanza che pure sembrava potenzialmente positiva.
Si prova a considerarla una parentesi; ripetiamo le parole di Errejon, il numero due del partito che ha messo la sua faccia quando si era ancora a metà dello scrutinio ma ormai il dato sembrava irreversibile: non è avvenuto il cambio, ma c’è uno spazio politico che tiene.
Non avanza, ma esiste, c’è. Sarà per la prossima volta, le dico, anche se guardando i risultati sul mega schermo, la sensazione è che la «prossima volta» possa essere lontana. O in ogni caso probabilmente solo a pensarci si è assaliti dalla stanchezza, dopo due anni di campagna elettorale, di lavoro certosino, di comunicazione, di attenzione ai dettagli, quelli più piccoli. La sensazione è che non sia servito a niente, o a poco.
La percezione, anche da rapidi scambi di commenti, sono tutti molto provati, è quella di qualcosa che è sfuggito, cui si somma la necessità di capire – ora – perché la debacle ha assunto contorni molto più ampi.
E dire che tutto era iniziato con applausi e grida di giubilo. L’atmosfera al teatro ha impiegato poco a cambiare: neanche il tempo per esultare per exit poll ultra positivi per i viola, che arrivano i primi dati – quelli reali – a smentire in modo clamoroso tutti i sondaggi dei giorni precedenti: si intuisce subito che il «sorpasso» non ci sarà. I tanti attivisti, collaboratori per la parte on line, membri della direzione, candidati, erano tutti pronti a festeggiare. Fin dalle 20 si cercava di capire a che ora ci si sarebbe potuti recare a piazza Reina Sofia per festeggiare. Troppo ottimismo, qualcuno impreca contro i sondaggi, ben presto l’atmosfera di fa tetra.
Prima era arrivato Errejon a dire quanto tutti stavano pensando: il risultato è indubbiamente negativo. E nel teatro si comincia a uscire più spesso, chi per fumare, chi per telefonare. Incontro un dirigente di Syriza, del comitato centrale. La delegazione greca è nutrita, i due partiti sono molto vicini e i greci sanno quanto poteva essere importante anche per loro un risultato positivo di Podemos.
Da vecchia volpe della politica il dirigente greco fa un’analisi rapida che però pare corretta: i socialisti hanno tenuto e il partito popolare di fatto sfrutta quei piccoli segnali di ripresa che gli spagnoli sembrano apprezzare. Ma i veri vincitori, oltre ai popolari, sono i socialisti.
Non fa un piega il ragionamento. Qualcuno, mentre ormai si comincia a comprendere anche razionalmente la disfatta, si chiede quanto questo risultato potrà influire sull’alleanza elettorale con Izquierda Unida. I militanti e dirigenti della formazione sono sopra: lo spazio è praticamente stato separato fin dall’inizio. Un grande open space è riservato ad attivisti, simpatizzanti e delegazioni straniere. Accanto c’è una stanza per la stampa, poi quella dei leader e infine, su un piano rialzato, lo spazio di Izquierda Unida. L’accoglienza degli attivisti di Podemos è buona, non fosse per una presenza massiccia di «buttafuori».
Incrocio qualche sguardo: i volti sono torvi, segnati da giornate sfiancanti che questa volta non offrono praticamente niente di buono in cambio. Molti media che nel pomeriggio hanno sostato davanti – infine – se ne vanno: i luoghi della celebrazione saranno altri.
Poi parla pure Iglesias, circondato da Garzon, Errejon e altri: i volti dei leader sono tutto un programma. Le parole le stesse di Errejon, con una differenza: Iglesias ha voluto fortemente l’alleanza con Izquierda Unida, Errejon no.
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