I figli della crisi, la forza trasversale di Podemos
Quando il comizio è ormai terminato, verso le dieci di sera, uno dei consiglieri di Unidos Podemos al comune di Madrid riprende il microfono e fa cenno a tutti di stare al proprio posto: «Ci dicono che alcuni del partito popolare avrebbero chiamato la polizia per venire qui a denunciarci perché questo sarebbe un incontro illegale, senza i permessi». Tra le persone che hanno assistito al comizio si comincia perfino a ridere: quello dei popolari sembra un tentativo davvero goffo di screditare l’iniziativa. L’uomo con il microfono scuote la testa e chiosa: «Infatti il permesso c’è, e noi rispondiamo a queste illazioni come facciamo sempre, con un sorriso». Applausi. Qualche minuto, giusto il tempo per ricordare gli appuntamenti del giorno dopo, e via a mangiare nei locali della piccola rambla all’interno di questo parco di Aluche, zona sud orientale di Madrid. È uno dei tanti appuntamenti che Unidos Podemos ha messo in piedi in questi ultimi giorni di campagna elettorale. Si tratta di eventi sparsi per le città: biciclettate (i primi punti del programma prevedono infatti la «transizione energetica» del paese) concerti, comizi e la segnalazione più importante in questo clima da 35 gradi della torrida Madrid estiva: «limonata ghiacciata» per tutti.
Si tratta di appuntamenti politici conditi da una retorica priva di fronzoli e da tanta voglia di prendere «il potere». Prima di abbandonare l’evento le persone si accalcano, cominciano a discutere con i rappresentanti di Unidos Podemos. In alcuni casi il confronto è ancora più chiaro: ci sono iniziative che prevedono sedie in semicerchio e i futuri deputati, europarlamentari o consiglieri comunali, a confrontarsi con i propri elettori. Le domande sono spesso precise e richiedono quindi risposte vere, non evasive: non siamo in uno studio televisivo. Questa tipologia di iniziativa da parte di Unidos Podemos sottolinea alcuni aspetti di questa formazione politica che spesso – causa la forza della compagine «viola» – viene messa nel calderone delle neonate formazioni «post ideologiche», o ancora peggio «populiste».
Non è così: la campagna elettorale per il 26J di Unidos Podemos racconta un mondo molto più complesso e difficile da etichettare e fornisce, forse, alcuni elementi fondamentali e necessari per la comprensione del fenomeno, pur tenendo conto che si è trattato di una campagna elettorale meno «elettrizzante» di quella del 20 dicembre. Per quelle elezioni il comitato creativo del Partito aveva davvero dato fondo a tutte le intuizioni e i tentativi per rendere il percorso pre elettorale fulminante nella sua forza. Sei mesi dopo è difficile avere la stessa freschezza, ma Unidos Podemos ha mantenuto salde alcune sue caratteristiche. Innanzitutto c’è da sottolineare una straordinaria preparazione da parte di questa classe dirigente.
Al parco Aluche, così come in altre iniziative distribuite per la città, c’erano le «seconde file» del partito. Erano presenti Lola Sanchez, una dei cinque europarlamentari di Podemos, alcuni consiglieri comunali di Madrid e una portavoce europea di Izquierda Unida, Marina Albiol. La sensazione è che questa forza politica potrebbe anche non ottenere il massimo risultato già a questo giro elettorale, ma sia in grado di garantire per i prossimi anni una tenuta politica non da poco, costruendo così una serie di anticorpi che forse consentiranno agli spagnoli di evitarsi tragedie politiche. Si tratta di comizi, quindi appuntamenti dove la forza oratoria è determinante, insieme alla capacità di emozionare il pubblico, dicendo cose chiare, senza troppi fronzoli e giri di parole. In questo senso gli esempi dell’amministrazione di Madrid e Barcellona aiutano, soprattutto nel confronto con quello che Unidos Podemos ritiene il suo principale avversario, il partito popolare. «Gentaglia», termine che ricorre, è sempre usato per loro, popolari e Ciudadanos, a testimoniare come Up non faccia mai menzione del partito socialista cui di fatto ha sempre offerto un’alleanza.
Ma è il linguaggio dei relatori che permette di comprendere a pieno la forza di questa formazione politica. Si parla di «patria», nel senso di «popolo», di «gente», contrapposta a chi la «patria» la sfrutta privando i cittadini dei propri diritti. Il termine diventa trave tra le tante contrapposizioni su cui gioca la capacità linguistica e comunicativa di Podemos (sopra e sotto, casta e popolo). Si parla di «ordine» e in questo caso il richiamo a Laclau è fin troppo esplicito, ma declinato in una linguaggio politico pratico, reale, percepibile. Si parla di «classe» e di «capitale», perché queste persone che si presentano al loro elettorato hanno un percorso lampante: provengono tutti da formazioni di sinistra. Vengono usate espressioni forti contro il Ttip e contro l’austerità, contro l’accordo tra Europa e Turchia («vogliono che diventi la prigione dei rifugiati»), contro le multinazionali e contro le politiche anti accoglienza («chiuderemo i Cie» e uno è proprio nei pressi del parco dove si svolge il comizio o anche «vogliamo che tutti siano considerati cittadini»).
Parole d’ordine che uniscono esperienze diverse, che riecheggiano quelle degli indignados e che funzionano – però – per un altro motivo: per le persone che vanno ad ascoltarle. Chi descrive Unidos Podemos come un’accozzaglia di professorini in grado di ridestare la voglia di politica di una classe media falcidiata dalla crisi si sbaglia. Ai comizi di Podemos c’è di tutto. Giovani, meno giovani, anziani, ragazzi e ragazze che pare arrivino dalle occupazioni, studenti e genitori. Appare molto trasversale anche la composizione «di classe» con evidente concentrazione di strati popolari che hanno pagato molto cara la crisi che ha stretto la società spagnola. Non a caso l’evento conclusivo della campagna di ieri – con tutti i big – si è svolto nella parte sud della capitale madrilena, non in centro (a sottolineare un dato ormai transnazionale sul peso delle «periferie»). Il pubblico è attento, concentrato: non siamo a quel genere di eventi dove ci si va solo per incontrare vecchi amici. L’attenzione è massima.
Podemos – infine -sembra fare presa anche e soprattutto tra i giovani per un motivo molto preciso: essere di sinistra, di Unidos Podemos, in Spagna è «cool». Non è da «sfigati», tanto per capirci. Perché siamo di fronte a una macchina organizzativa clamorosa, nella quale l’attenzione ai minimi dettagli è maniacale. E sa parlare a tutti, specie ai giovani utilizzando sia Games of Thrones sia i social network.
Non mancano però le attività classiche e tipiche da «partito». Per questo in una delle vie più trafficate di Madrid verso le quattro di notte si muovono i più giovani ad attaccare i manifesti elettorali, privilegiando quelle vetrine che mostrano il cartello «chiuso» per la crisi. E per questo i camioncini con il sorriso di Iglesias e Colau sembrano ovunque a Madrid, con la loro musica e la loro limonata ghiacciata.
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