Jo Cox era minacciata Il suo killer un neonazi vicino all’estrema destra

by Enrico Franceschini, la Repubblica | 18 Giugno 2016 10:07

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LONDRA. «È stato un attacco alla democrazia, l’ha uccisa una fonte di odio», dice il leader laburista Jeremy Corbyn, deponendo corone di fiori sul luogo dell’assassinio insieme a David Cameron. E la fonte di odio, il giorno dopo la tragica morte di Jo Cox, assume un’identità precisa. A casa di Tommy Mair, l’inglese 52enne che le ha sparato, la polizia trova insegne, stemmi e letteratura nazista. Il materiale conduce ai rapporti che l’uomo ha avuto con National Alliance, gruppo suprematista e antisemita americano: salta fuori la ricevuta con cui ha acquistato un manuale per fabbricarsi da solo una pistola. Le indagini scoprono un abbonamento a Patriot, rivista pubblicata da un movimento pro-apartheid sudafricano che si oppone «alle società multiculturali e all’espansione dell’Islam». Ed emerge un suo legame con Springbok Club, associazione britannica di estrema destra, sul cui sito qualcuno ha commentato così l’omicidio della parlamentare: «Uno abbattuto, 649 da abbattere», allusione ai 650 membri della camera dei Comuni. “Britain first”, la sigla xenofoba invocata da Mair durante il suo assalto omicida, prende le distanze. Jo Cox, tra l’altro, aveva ricevuto diversi messaggi di minacce negli ultimi di tre mesi. Un uomo era stato arrestato a marzo, ma non si trattava di Mair.

La fonte dell’odio a cui si riferisce Corbyn, tuttavia, è più ampia. «Il linguaggio al vetriolo della campagna per Brexit ha effetti distruttivi», accusa Yvette Cooper, deputata ed ex-ministro laburista. Un collega di partito, Neil Coyle, è più esplicito: «La campagna per Brexit rischia di ispirare estremisti». Sulle pagine del Guardian, il columnist Jonathan Freedland ammonisce: «Se inietti veleno nella politica, prima o poi qualcuno si ammala». E una commentatrice dello stesso giornale, Polly Toynbee, afferma: «Nella campagna per portare la Gran Bretagna fuori dall’Ue si esprimono sentimenti senza precedenti sull’immigrazione». L’imputato principale è Nigel Farage, leader dell’Ukip, il partito populista antieuropeo, reo secondo alcuni di responsabilità morale per il clima della campagna referendaria e adesso sotto inchiesta per un poster contro gli immigrati, possibile violazione delle leggi contro la discriminazione.
La morte di Jo Cox potrebbe cambiare qualcosa. Alla cerimonia per commemorarla, a Leeds, Corbyn accetta di apparire insieme a Cameron: è la prima volta, un segno di unità nel dolore. I conservatori non presenteranno candidati all’elezione suppletiva per il seggio della parlamentare assassinata (pure l’Ukip si asterrà dal farlo): un segno di rispetto. Il parlamento, in preda a profonda emozione, si riunirà lunedì in una sessione speciale per ricordarla: «Dobbiamo seguire la lezione di Jo, lottare come lei per un mondo migliore», ripetono tanti deputati. La campagna per il referendum, sospesa giovedì dalle due parti, riprenderà domenica: forse con toni nuovi. Vedremo se cambieranno anche i sondaggi: ieri si è interrotto il calo dei mercati finanziari, gli investitori sono i primi a credere che l’orrore di questo fatto di sangue capovolgerà le previsioni, impedendo l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue; mentre Financial Times, Economist, New York Times, le tre testate in lingua inglese più prestigiose del mondo, si schierano per “Remain”, per rimanere in Europa. Resta la tristezza atroce per una vita piena di promesse spezzata precocemente. «Non ce la faccio, ho troppo male», ha mormorato Jo all’amica che soccorrendola la pregava di rialzarsi: . Le sue ultime parole.
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