Corbyn: il Brexit sarebbe attacco al welfare

Corbyn: il Brexit sarebbe attacco al welfare

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LONDRA Eccola, l’uscita in fondo a destra. I punti di vantaggio del fronte dell’uscita sono diventati sette. E la temperatura sale inesorabile anche fuori della gran Bretagna, con il tabloid tedesco Bild, purtroppo il più letto d’Europa, che parla di «storia scritta nel fango», tanto per ammorbidire i toni di una campagna i cui toni anche a livello internazionale cominciano ad abbandonare il volemose bbene di un tempo. È una conferma del clima di disaffezione e insofferenza che serpeggia nel resto del continente di fronte a un referendum dove i britannici fanno la figura della diva capricciosa. Ed è anche una piccola guerra interna fra giornali avidamente letti anziché essere usati per avvolgere il pesce azzurro ai mercati generali: proprio ieri infatti un altro foglio «ittico», il Sun di Murdoch, ha finalmente fatto il proprio – inspiegabilmente tardivo, per la verità – outing a favore dell’uscita. È il più letto della Gran Bretagna, naturalmente.

Jeremy Corbyn ha abbandonato ogni riluttanza e si è gettato come poteva nella mischia a fianco del Remain, per sottrarsi anche alle strumentalizzazioni che il centro destra del partito immancabilmente avrebbe sfruttato per addossargli la responsabilità di un’uscita mai vista così da vicino. Ha deciso di concentrarsi sull’Nhs, il sistema sanitario pubblico nazionale, fiore all’occhiello del laburismo del secondo dopoguerra, e oggetto di un ininterrotto attacco da parte dei centristi postblariani e naturalmente dai conservatori di David Cameron, che si sono autoimposti di salvaguardarlo però per scopi biecamente elettorali, un po’ come chiedere nottetempo al lupo di vegliare sull’incolumità del gregge.

La crisi dell’Nhs sarebbe anche più grave nel caso in cui i leader del Leave prendessero il sopravvento, ha ammonito Corbyn, che parlava a una platea di sindacalisti, sottolineando come i due Totò e Peppino del Leave, Boris Johnson e Michael Gove, se potessero privatizzerebbero, al pari di Nigel Farage, anche l’aria che respiriamo. «Questa crisi (della sanità pubblica ndr), sarebbe anche peggiore se quelli per il Leave avessero la meglio. Gente che ha criticato in principio l’Nhs e l’assistenza sanitaria gratuita», ha detto il leader del Labour party.

Dunque un attacco aperto, non tanto all’uscita da questa Ue in se stessa, della quale è tutt’altro che orripilato, ma a un’uscita dall’Ue il cui credito politico andrebbe a questo Leave a guida Ukip-Tory, un’accozzaglia neoliberodestrorsa, che non vede l’ora di affondare i canini in quello che rimane forse l’ultimo dei servizi pubblici ancora efficienti di questo paese. E un argomento che cerca di differenziarsi, riuscendoci abbastanza, da quello avanzato finora da Cameron, per il quale la scusa ideale per dare finalmente la spallata finale alla sanità pubblica sarebbe la crisi economica innescata dall’exit, che «costringerebbe» lui stesso, o Boris Johnson – Cameron ha messo già le mani avanti dicendo che non darebbe le dimissioni in caso di vittoria del Leave – a tagliare ulteriormente la spesa pubblica.



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