“Cara Francesca mi sento umiliato fino al midollo” le lettere di Tortora

by CONCETTO VECCHIO, la Repubblica | 13 Giugno 2016 9:14

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«È stato atroce, Francesca. Uno schianto che non si può dire. Ancora oggi, a sei giorni dall’arresto, chiuso in questa cella 16 bis, con altri cinque disperati, non so capacitarmi, trovare un perché. Trovo solo un muro di follia». Roma, carcere di Regina Coeli, 23 giugno 1983: Enzo Tortora, 54 anni, il famosissimo conduttore di Portobello, spedisce incredulo la sua prima lettera alla compagna Francesca Scopelliti. È finito in una retata di 856 persone, i magistrati di Napoli lo accusano di trafficare droga per la camorra: il più clamoroso errore giudiziario del Dopoguerra. Scrive: «Mi verrebbe da ridere, amore, se la cella non fosse vera, le manette autentiche, le notizie emesse sul serio. È come se mi avessero accusato di avere ucciso mia madre, e dicessero di averne le prove». Tra quei giorni di giugno e il 17 gennaio 1984, quando sarà posto agli arresti domiciliari, Tortora invia 45 missive a Scopelliti. Ora sono un libro:

Lettere a Francesca (Pacini editore).

PIGIATI IN SETTE IN POCHI METRI

«Mio caro amore, ci pigiano, in sette, in pochi metri. Come puoi immaginare non è esattamente il Circolo del Golf. Martedì o giovedì avrò, a quel che si dice, un confronto con un criminale o due che non ho mai visto, e poi non so. Quello che so è che la lotta fra me, innocente, e l’accusa, ormai impegnatissima a dover dimostrare il contrario (un altro aspetto di questa farsa italiana) continuerà a lungo». ( 2 luglio 1983)

NON HANNO NIENTE

«Visto? Annullato questo interrogatorio. Non hanno niente in mano. Ora cercano follie fiscali, si ridurranno a dimostrare che non ho pagato l’Iva o che i soldi della Grappa Piave ( di cui Tortora era testimonial) erano di Turatello. Non ridere. È così».

( 11 luglio).

GUARDA PER ME IL MARE

«Ricevo i tuoi messaggi e ti so almeno, al mare. Chissà perché si dice “al fresco”. Io muoio di caldo, in cella. Balza fuori da ogni cella d’Italia un criminale che pur di guadagnarsi uno sconto mi accusa di ogni pazzia, spero la difesa passi duramente al contrattacco. Mi sono rapato e sono atterrito dal vedere come questa mia esperienza mi abbia trasformato: non ho più un pelo nero. Guarda per me il mare, baciami un fiore».

L’INCIATO E CROCIFISSO

«Non mi parlare della Rai, della stampa, del giornalismo italiano. È merda pura. A parte pochissime eccezioni mi hanno crocifisso, linciato, sono iene. Sai, non esco a fare l’ora d’aria perché i tetti sono pieni di fotoreporters ». ( 31 luglio)

SONO VIVO PER MIRACOLO

«Esplodono fuochi artificiali (miei numeri telefonici nelle agende dei killer!!): questa croce doveva capitare a me. Non ti dico, Cicciotta, come sto. Spesso mi sembra un miracolo l’essere vivo. Ho visto le foto di mia madre infamata (“Gente”) persino nella cappella dove va a pregare per me. Sono ancora nel tunnel, sono diventato “il caso”, “il giallo”: tutto ciò che odio». ( 11 agosto)

CAMBIO CITTADINANZA

( Prima lettera dal carcere di Bergamo). «Cicciotta, ho un tremendo mal di testa. Fuori piove, e io come casalinga (debbo lavare, pulire, spazzare, eccetera, a Regina Coeli almeno facevamo i turni) mi sto rivelando una frana. Sto accarezzando l’idea di chiedere il cambio di cittadinanza.Questo Paese non è più il mio». ( 24 agosto)

PROCESSI FASCISTI

«Il mio compito è uno: far sapere. E non gridare solo la mia innocenza: ma battermi perché queste inciviltà procedurali, questi processi che onorano, per paradosso, il fascismo, vengano a cessare. Perché un uomo sia rispettato, sentito, prima di essere ammanettato come un animale e gettato in carcere. Su delazioni di pazzi criminali». ( 30 agosto)

NOSTALGIA DEL CINEMA

«Ciccia, la domenica è due volte galera. Perché si spengono persino gli esili fuochi che contrappuntano questo deserto: la posta, una possibile visita, un qualcosa insomma. Mi fa piacere leggere sui giornali che al cinema danno ancora Tootsie e Gandhi, è come una conferma che io te li abbiamo visti, dunque era vero che esistevamo e che c’è stato un tempo in cui andavamo al cinema tenendoci per mano». ( 31 agosto)

LA VISITA DI MONTANELLI

«Ieri sera è venuto a trovarmi Montanelli: è stato terribile. Ma lui è stato molto caro. Solo ci si sente, non so come dirti, umiliati fino al midollo» ( 15 settembre)

I GIUDICI TI ROSOLANO

«Domani vedrò gli avvocati che hanno già ricorso al Consiglio della Magistratura. La tortura che i nazisti infliggevano era più rozza, ma migliore. Un colpo alla nuca, e via. Ma questi ti rosolano a poco a poco, fra i tormenti. Solo tre categorie di persone (ho scoperto) non rispondono dei loro crimini: i bambini, i pazzi e i magistrati. La cosa più atroce è non poter fare nulla, se non aspettare » . ( 2 ottobre)

LA CELLA ALLAGATA

«Ho combinato un disastro nel cesso, lasciando il rubinetto aperto del piccolo lavabo, e così ho allagato la cella. Sai cosa costa all’erario un detenuto, al giorno? 180 mila lire al giorno! Potrei dormire all’Hilton, prendendo il resto, e senza dover fare lo sguattero». ( 3 ottobre)

RESISTERE

«Che faccio? Se lo domandano tutti. Resisto. Spero mi cambino le medicine: mi deprimono molto». ( 13 ottobre)

POCHE ILLUSIONI

«Ho parlato con Della Valle, reduce da Napoli. Non c’è da farsi la minima illusione. La mia vittoria, enorme, sull’ultima infamia, a loro non fa né caldo né freddo. L’ostilità del giudice istruttore, in combutta palese con i due pm, autori della retata, è enorme. Ricorreremo in Cassazione. O prosciolto in quella sede, o ammanettato a Napoli, in processo, con altri 20 camorristi ». ( 27 ottobre)

COME NEL FILM DI SORDI

«Alle 22,30 ti chiudono anche la porta, ti danno quattro giri di chiave ulteriori (ormai ogni giro è una coltellata). Ogni tre ore passano e ti accendono la luce. Se sei al cesso, un buco apposito consente loro di vederti. Non è cambiato niente dal film di Sordi ». ( 9 novembre)

MI SONO ARRESO

«Ho capito di avere perso. Ero convinto di aspettare qui il processo in tempi di qualche mese. Morale: mi sono arreso. Un’umiliazione infinita».( 16 novembre)

NON MENDICO LA LIBERTÀ

«La libertà provvisoria(!), chiesta, mendicata: è ripugnante. Non è da me, insomma. Non faccio che vedere neurologi, cardiologi, osteologi, reumatologi. Sono in carteggio con Annamaria Ortese». ( 26 novembre)

NATALE IN CELLA

«Natale, da qui, è semplicemente ridicolo. L’ho passato rileggendo L’asino d’oro di Apuleio. Si è impiccato in cella un uomo. Una scena atroce. Siimi vicina, Cicciotta mia. Ti dico: buon Natale, va bene? ( 25 dicembre) “

 

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IL LIBRO

Lettere a Francesca, edito da Pacini Editore, è un’iniziativa della Fondazione Tortora e dell’Unione Camere penali. La prefazione è di Giuliano Ferrara. Il libro contiene ricordi di Sciascia e Pannella. Sarà in libreria da venerdì.

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