“Mamma, mi uccide: addio” Orlando, 50 morti nel club gay spari e ostaggi in nome dell’Is
ORLANDO «Mamma ti amo, sto per morire, lui ci sta arrivando addosso, addio!». E’ l’ultimo sms ricevuto dalla madre di Eddie Justice, un urlo di paura in diretta, mentre le raffiche lo uccidevano. «Da allora più niente – dice la madre – ma non so neanche se il suo cadavere sia stato identificato». Ora nessuno può entrare là dentro, nel perimetro della morte che circonda il Pulse Club di Orlando, Florida. «C’è ancora tanto sangue, sangue dappertutto» dice il sindaco Buddy Dyer, la voce rotta dalle lacrime. Ha negli occhi l’ultimo messaggio disperato lanciato dai gestori del Pulse Club su Facebook: «Uscite di qui, correte correte senza fermarvi. E pregate per noi». Chi ce l’ha fatta, ora è qui in fila per donare il sangue, prega davvero per i tanti feriti gravi che lottano contro la morte: già nove deceduti sotto i ferri dei chirurghi, nell’ospedale per grandi traumi, a un solo miglio dal perimetro che l’Fbi ha blindato attorno al Pulse Club, che aveva organizzato una festa di musica latina.
«E’ la più grave strage da sparatoria nella storia degli Stati Uniti. Un atto di terrorismo e di odio». Barack Obama parla alla nazione sotto shock alle due del pomeriggio, 12 ore dopo l’inaudita carneficina in un locale gay di Orlando, Florida: 50 morti e 53 feriti. Il bilancio più terribile in assoluto dopo l’11 settembre 2001, sul suolo americano. Il terrorista, ucciso dalla polizia, ha radici familiari afgane e poco prima di lanciarsi nell’assalto ha dichiarato fedeltà all’Is. Molti dunque gli indizi di una matrice islamista. A soli cinque mesi dalla strage di San Bernardino (California), l’America angosciata si riscopre vulnerabile e indifesa. Obama non si pronuncia sul movente, si sente costretto ad aspettare il verdetto dell’Fbi: «Stiamo ancora cercando di apprendere tutte le circostanze ». Dichiara la sua solidarietà alla comunità gay: «È una tragedia per questi nostri amici, un attacco a loro è un aggressione contro tutti noi, i valori che ci definiscono come nazione». Subito parte all’attacco Donald Trump: «Obama usi la definizione di terrorismo islamico, o si dimetta ». Sono le due del mattino di domenica, quando al Pulse Club di Orlando ha inizio l’orrore. Omar Saddiqui Mateen, 30 anni, nato a New York da genitori afgani, fa irruzione nel locale della comunità gay con due armi in pugno: un fucile automatico e una pistola. «Forse anche un ordigno esplosivo addosso», dice l’Fbi. Apre il fuoco all’impazzata, alcuni vengono colpiti alla schiena mentre tentano di scappare. Poi si barrica nel locale prendendo come ostaggi alcuni dei sopravvissuti. Da quel momento, sono altre tre ore di incubo: è proprio la presa di ostaggi a rallentare l’intervento della polizia. Il Pulse Club viene circondato dalle forze speciali, arrivano i commando dei Swat Team, ma l’ordine di dare l’attacco è rinviato a lungo per il timore che il terrorista possa farsi saltare per aria e uccidere molti ostaggi. È solo alle cinque del mattino che parte l’assalto delle teste di cuoio, che si conclude con l’uccisione di Mateen.
La prima conferenza stampa a dare dettagli sull’attentatore e sulla dinamica del massacro arriva la mattina di domenica. Il capo della polizia di Orlando, John Mina, descrive Mateen con queste parole: «Organizzato, ben preparato». Rivela che poco prima di lanciarsi all’assalto nel Pulse Club lo stesso Mateen ha telefonato al 911, il numero delle emergenze e della polizia. In quella chiamata ha dichiarato «fedeltà allo Stato Islamico », e ha «citato gli attentatori di Boston», i due fratelli Tsarnaev (ceceni di religione islamica) che misero ordigni esplosivi alla maratona del 15 aprile 2013. A confermare la matrice islamista, più tardi arriva una prima rivendicazione dall’Amaq News Agency, legata alle forze dello Stato Islamico. L’agenzia celebra «il miglior regalo per il Ramadan, da un combattente ». Nonostante i segnali convergenti, l’Fbi almeno nel corso della prima giornata mantiene aperte tre piste nelle sue indagini: «Terrorismo internazionale, terrorismo domestico, crimine di odio». Non si escludono a vicenda. Il terrorismo internazionale implica l’esistenza di un’organizzazione estera che abbia contribuito a preparare l’attacco, anche se poi è stato perpetrato da uno solo. Il terrorismo domestico coincide con l’ipotesi del “lupo solitario”, magari auto- indottrinato alla jihad, ma senza veri rapporti organizzativi con l’estero. Il crimine di odio è il reato che include le aggressione ai gay, ma la scelta del bersaglio è compatibile con l’ideologia omofobica dei fondamentalisti islamisti. Una delle prime direzioni imboocate dalle indagini, anche attraverso la perquisizione della casa di Mateen a Fort Pierce (Florida), è l’origine afgana dei genitori, i possibili legami del padre con i Taliban. Il padre del terrorista esce allo scoperto e parla di “odio anti- gay”, scatenato in Omar dalla vista di due uomini che si baciavano in pubblico. E nello stesso giorno arriva la notizia che un uomo armato è stato arrestato mentre si dirigeva al gay Pride di Los Angeles.
Il massacro di Orlando in pochi istanti cambia la dinamica della campagna elettorale. Trump, in difficoltà negli ultimi giorni per i suoi attacchi a un giudice federale di origini ispaniche, riparte all’offensiva. Il candidato repubblicano è veloce a reagire, come sempre via Twitter: «Quando finirà? Quando diventeremo duri, astuti e vigilanti? ». L’accusa è rivolta all’Amministrazione Obama. Sono passati solo sei mesi dalla strage di San Bernardino in California. Che ha fatto il governo per prevenire quest’altra tragedia? Hillary Clinton in un primo tweet è cauta, allineata su Obama: «Mentre aspettiamo maggiori informazioni, i miei pensieri vanno a tutti coloro che sono colpiti da questo atto orrendo». Poi ci ripensa e rilancia le sue proposte per restrizioni alle vendite di armi. Ma per molti americani non è questo il punto, il verdetto è già chiaro: la nuova atroce ferita inflitta alla nazione viene dai nemici giurati che portano la jihad nel cuore del paese. Trump ha già in passato accusato il “politically correct” dei democratici di indebolire l’America. E’ sempre stato all’attacco su questo tema: fino alla sua proposta di vietare l’ingresso negli Stati Uniti agli immigrati di religione islamica. Proposta anti-costituzionale, come fecero notare anche diversi leader repubblicani. Ma sotto lo shock, nell’ondata di paura angoscia e rabbia provocata da Orlando, quanti consensi si stanno spostando verso Trump? Sui media americani è già cominciato il tam tam delle speculazioni elettorali. Eventi come questi hanno il potere di cambiare l’intera dinamica della gara elettorale.
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