Si apre la Conferenza di Parigi su Israele e Palestina, Netanyahu è contro
Netanyahu considera l’incontro una minaccia. Proteste in casa palestinese. Il Fplp accusa Abu Mazen di fare tutto da solo senza consultare l’Olp
GERUSALEMME In una Parigi piegata dal maltempo, con la Senna pericolosamente in piena e un Francois Hollande al minimo dei consensi per il Jobs Act che ha fatto infuriare i lavoratori, i rappresentanti di circa 30 Paesi occidentali e arabi (Italia e Usa compresi) si riuniscono oggi per un incontro internazionale sulla questione israelo-palestinese. Mancheranno proprio loro, israeliani e palestinesi. L’idea della Francia è che questo summit diventi il primo passo per arrivare il prossimo autunno a una Conferenza internazionale, questa volta anche con israeliani e palestinesi, che apra la strada alla soluzione dei Due Stati. Hollande e il suo governo si aspettano che dal vertice escano i “parametri” su confini, sicurezza, profughi palestinesi, lo status di Gerusalemme, le colonie ebraiche costruite nei Territori palestinesi occupati e lo sfruttamento delle risorse naturali. Parametri che dovrebbero segnare il percorso di ogni futura trattativa diretta tra israeliani e palestinesi, insieme ad un timing preciso per un accordo.
Non sorprende che Benyamin Netanyahu si sia scagliato contro il summit. Il premier respinge a muso duro la possibilità che la questione israelo-palestinese sia affrontata anche nel quadro di incontri internazionali e non più soltanto con l’inutile negoziato bilaterale, mediato dagli alleati americani, che in 20 anni ha solo prodotto fallimenti. «Se i Paesi riuniti a Parigi – ha protestato Netanyahu – vogliono far avanzare la pace, dovrebbero unirsi al mio appello al presidente palestinese Abu Mazen per arrivare a trattative dirette. Questa è l’unica strada per la pace, non ci sono alternative». Una posizione non condivisa dall’Autorità nazionale palestinese schierata a favore dell’iniziativa francese che, pensa il presidente Abu Mazen, rappresenta, forse, l’ultima possibilità per arrivare ad un accordo. Una posizione che non tutti i palestinesi condividono. Il Fronte Popolare (Fplp), la più importante delle formazioni della sinistra, chiede manifestazioni di protesta ovunque, anche all’estero. Il Fplp spiega che queste iniziative non mirano a realizzare i diritti palestinesi bensì a negarli, a cominciare da quello al “ritorno” nella loro terra dei profughi. Il Fronte popolare inoltre denuncia il “monopolio” dell’Anp che non ha presentato la proposta di partecipazione al vertice in Francia davanti all’Olp, per essere discussa da tutte le forze politiche palestinesi. Oggi è prevista la liberazione di una deputata e leader del Fplp, Khalida Jarrar, detenuta per oltre un anno da Israele.
Da settimane Tel Aviv tenta di ostacolare l’iniziativa francese. Netanyahu ha persino ripescato il Piano arabo di pace del 2002 che Israele non ha preso in considerazione per 14 anni, pur di sparigliare le carte. A nulla sono serviti gli sforzi di Parigi per convincerlo ad appoggiare l’incontro. Il ministro degli esteri Jean-Marc Ayrault, il premier Manuel Valls e l’inviato speciale di Hollande Pierre Vimont sono giunti in diverse occasioni a Gerusalemme, dove però si sono trovati davanti a un muro. La presenza oggi nella capitale francese del Segretario di stato Usa John Kerry, letta inizialmente da alcuni osservatori come uno schiaffo dell’Amministrazione Obama a Netanyahu, in realtà avrebbe il fine di evitare che l’incontro vada “troppo avanti” nella formulazione dei “parametri” di un eventuale negoziato. Indiscrezioni circolate nelle ultime ore dicono che Usa e Israele hanno avuto consultazioni su come affrontare insieme questa (piccola) sfida lanciata da Hollande per rilanciare la trattativa israelo-palestinese.
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