Loi Travail: scioperi, ma la porta si socchiude

Loi Travail: scioperi, ma la porta si socchiude

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PARIGI  Bizzarro brindisi allo champagne nella terra del Bordeaux, ieri, per l’inaugurazione della Cité du Vin nella capitale dell’Aquitania, tra François Hollande e il sindaco della città, Alain Juppé, mentre la Cgt ha tagliato per un momento la corrente. Faccia a faccia tra due «riformatori» contrariati: il presidente in carica che annaspa nella tempesta della crisi sociale da un lato, e dall’altro l’ex primo ministro che già si vede all’Eliseo, che detiene però ancora il record dello scatenamento del più lungo sciopero francese dopo il ’68, dal 24 novembre al 15 dicembre ’95.

Allora Juppé aveva ritirato la riforma delle pensioni (poi passata, tra le proteste, nel 2010, sotto Sarkozy) ma aveva tenuto duro su quella della Sécurité sociale.

Un modello per Hollande? Per ora il presidente si tiene nella retroguardia, aspettando di intervenire, se necessario, nella guerra d’usura che continua tra sindacati contestatori e governo.

Ma il clima è sempre più pesante. Il 10 inizia l’Euro 2016 di calcio e dal Dipartimento di Stato Usa è arrivato ieri l’avvertimento che ci sarebbero minacce terroristiche in Francia.

Da ieri sera alle 19 sono scesi in sciopero i ferrovieri, contro la Loi Travail ma soprattutto per contestare la riforma della Sncf che dovrebbe preparare, per il 2020, l’apertura delle rotaie alla concorrenza. Oggi lo sciopero sarà duro nelle ferrovie, ma il governo non si aspetta un braccio di ferro per l’Euro16, perché ha «sminato» il terreno, accordandosi con la Cfdt (che però è debole alla Sncf): la direzione delle ferrovie ha ritirate le modifiche alle regole dell’orario di lavoro e promette di pagare parte dei debiti della compagnia.

L’Unsa non si fida (aspetta un testo scritto per ritirarsi dallo sciopero). Cgt e Sud, invece, non cedono.

Alla Ratp (trasporti pubblici parigini) lo sciopero dovrebbe essere oggi più limitato.

Ieri gli accessi alla città di Rouen sono stati bloccati per ore da militanti Cgt. Sei delle otto raffinerie restano bloccate, ma è finita la corsa al pieno e i rifornimenti dei benzinai migliorano.

Da venerdì a domenica c’è un avviso di sciopero del controllo aereo (ma per ragioni di categoria), mentre i piloti di Air France minacciano una protesta «dura» a giugno (sui salari). Ma il governo vive alla giornata, sperando di disinnescare, uno alla volta, i focolai di protesta, facendo concessioni di categoria.

Ieri, agli insegnanti è stata comunicata una «rivalorizzazione» generale degli stipendi, un miliardo di euro messo sul tavolo la vigilia dell’apertura dei negoziati con i sindacati della scuola, per evitare che si accenda un nuovo incendio (da 1400 euro al mese per gli studenti nell’anno di stage per entrare nell’insegnamento, fino a 4500 euro a fine carriera).

Tra governo e Cgt è guerra di usura.

Dei canali di contatto sono stati riattivati. Philippe Martinez, segretario Cgt, non chiede più il ritiro preventivo della Loi Travail e si dice «pronto a discutere» delle modifiche. La ministra del Lavoro, Myriam El Khomri risponde: «aspetto proposte». Ma precisa: «nel paese c’è troppo sovente una cultura dello scontro, questa legge deriva da cultura del compromesso» e condanna la «politica della sedia vuota» perseguita finora dalla Cgt.

Valls dice che «la porta è aperta» a Matignon, ma non cede. Valls, che ha rimandato all’autunno il previsto viaggio in Canada, spera ancora che se si discute sul «fondo del testo, tutti si renderanno conto dei passi avanti per le imprese e per i lavoratori» che rappresenta la Loi Travail. Per il primo ministro, il ritiro della legge sarebbe «un grave errore politico» che «aprirebbe un boulevard alla destra».

Hollande attenua: parla di «legge di progresso», ma precisa che, sul contestato articolo 2 (quello dell’inversione della gerarchia delle norme, che privilegia gli accordi di impresa su quelli di categoria) «la filosofia e i principi saranno mantenuti». Cioè apre uno spiraglio a qualche modifica del testo.

Guerra aperta, invece, tra padronato e Cgt.

Persino Valls è sceso in campo, prendendo le parti della Cgt, «organizzazione che rispettiamo», che fa parte della «storia della Francia», che ha fatto «la Resistenza». Valls ha condannato gli insulti di Pierre Gattaz, presidente del Medef, che la vigilia aveva definito la Cgt una banda di «teppisti» e di «terroristi».

La Cgt ha sporto denuncia per «diffamazione» contro Gattaz. Il quale ieri ha incitato le imprese «colpite» dagli scioperi e dalla contestazione a sporgere a loro volta denuncia. Laurent Berger, segretario Cfdt, ha giudicato «inaccettabili» gli insulti di Gattaz, «credo che purtroppo in questo paese tutti sappiano che cos’è il terrorismo». Berger ha invitato «ad uscire dall’isteria collettiva».



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