Nuovo naufragio, almeno 45 i morti
Un altro barcone rovesciato. Altri morti che galleggiano sull’acqua e sulle polemiche al ritmo crescente degli ultimi arrivi.
La Nave Vega della Marina Militare ieri sera è dovuta intervenire ancora nel canale di Sicilia per ripescare dall’acqua un nuovo carico della disperazione. La terza strage in tre giorni. Quarantacinque le salme portate a bordo, ma il timore è che i dispersi siano decine. Mentre sono stati ripescati 130 migranti, ora diretti a Corigliano Calabro.
Quella che ieri al G7 è stata definita la «sfida globale», ieri in Italia aveva il volto di oltre 2.000 naufraghi soccorsi dalla Marina e dalla Guardia Costiera al termine di 17 operazioni in mare. È imponente lo sforzo del ministero della Difesa. Una sfida che attualmente dobbiamo affrontare noi. Ma non è semplice. La Campania ha già dichiarato forfait. Le strutture di accoglienza sono al collasso. Per i migranti non c’è’ più posto. Ma non è l’unica Regione ad aver esposto il cartello «completo». Così il Viminale prepara una circolare per imporre a prefetti e sindaci di non tirarsi indietro. «È triste doverlo fare — ammette il prefetto Morcone che guida il dipartimento Immigrazione e Libertà civili —. Ma ogni regione dovrà prendere la sua quota. E se le strutture sono piene occorrerà pensare a soluzioni alternative». Ma l’ondata non è da stato di emergenza? «L’unica emergenza è stata il concentrarsi in pochi giorni di un numero più alto del solito — assicura Morcone —. Ma stiamo parlando di numeri che redistribuiti equamente sul territorio non creano problemi. Capisco che il momento, a ridosso delle elezioni, non aiuta i sindaci. Ma l’accoglienza va predisposta».
Il messaggio è chiaro. Campagna elettorale o meno i migranti dovranno essere equamente ripartiti. Ma i prefetti sono molto preoccupati. «Passiamo giornate al telefono con i sindaci a tentare di convincerli. Ma non siamo albergatori», lamentano in anonimato. È chiaro che seguiranno l’ordine: «Questa gente arriverà. Non possiamo lasciarli dormire in piazza».
Ma c’è già chi lancia l’altolà. «Non venisse in mente a nessuno di requisire appartamenti privati, come già sento dire dai prefetti, che scoppia la rivoluzione», avverte Luca Zaia, governatore del Veneto. «Noi non accettiamo lezioni su accoglienza da nessuno. Se si dice vuoi aiutare i profughi nessuno dice no. Ma la gran parte non lo sono. Stanno qui almeno un anno in attesa dello status e fruttano 35 euro al giorno. Quando lo ottengono vengono buttati sulla strada perché perdono il sussidio. Gli altri fanno ricorso e passano altri 2 anni spesati. E noi abbiamo la fila di pensionati e disoccupati che non possiamo aiutare. Bisogna allestire campi profughi internazionali».
Tutti chiedono che si «accelerino le tempistiche che — spiega il sindaco di Tradate, Laura Fiorini Cavallotti — serve anche a dare certezze sul futuro a questi ragazzi».
Michele Emiliano, governatore della Puglia, è tra i pochi a non fare muro: «Noi siamo rodati all’accoglienza. Il problema è un altro. Li salviamo, li accogliamo, e poi? Li condanniamo a un limbo. Non sanno dove andare e cosa fare. È disumano. Ha ragione il Papa: servono corridoi umanitari».
Virginia Piccolillo
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