Libia, Serraj all’Onu: «Ecco la lista delle armi che ci servono»
Quando ormai tutto sembrava fatto per allontanare un attacco internazionale in Libia dopo i proclami di Usa e Italia alla conferenza di Vienna, è tornato alla carica Haftar e la propaganda dello Stato islamico (Isis) per calmare gli entusiasmi. Khalifa Haftar, autoproclamatosi capo delle Forze armate di Tobruk, ha finalmente gettato la maschera. Il generale ha assicurato che non riconoscerà mai il Governo di accordo nazionale (Gna) di Fayez al-Serraj, voluto dalle Nazioni unite. La stessa comunità internazionale che aveva puntato sulla spaccatura della Libia sperando che Haftar avesse la forza sufficiente per conquistare Tripoli, lo ha abbandonato a sé stesso dopo il rocambolesco insediamento di Serraj dello scorso marzo.
Questa presa di posizione gela i parlamentari di Tobruk che avevano provato a disobbedire ai diktat di Haftar per votare la fiducia al Gna. Non solo, alza la posta in gioco rispetto alle aspettative del ruolo che Haftar potrebbe ricoprire nel Gna, richiesta già avanzata dal governo italiano. Infine, chiarisce che Francia ed Egitto ancora puntano molto sull’uomo che ha distrutto Bengasi e alimentato il business delle migrazioni.
Haftar ha aggiunto che tutti i decreti emessi dal Consiglio presidenziale sono «solo inchiostro su carta senza valore e rilevanza». Il Consiglio aveva formato un comitato direttivo per attaccare lo Stato islamico a Sirte e procedere con bombardamenti mirati contro i jihadisti asserragliati ad Abu Grein. Grazie al sostegno che al-Serraj ha ottenuto sul campo dai miliziani di Misurata, il Gna avrebbe ripreso ieri il controllo di Abu Grein, 140 km da Sirte. I miliziani sono entrati anche a Zamzam, grazie ai raid aerei del comando unificato.
Il think tank Usa, Human Rights Watch, ha pubblicato proprio ieri un report che include dei video di 49 esecuzioni di Isis a Sirte nell’ultimo anno. Oppositori politici, combattenti e civili rapiti figurano tra i condannati con processi sommari per «spionaggio» e «insulti contro dio».
Nel report si fa riferimento anche ai gravi problemi che Isis sta procurando alla popolazione civile impedendo la consegna di cibo, medicine, benzina, denaro, occupando case e costringendo i proprietari alla fuga. Gli abitanti di Sirte hanno descritto scene di terrore, decapitazioni, cadaveri a terra, combattenti mascherati e cecchini che controllavano le strade. Isis continua a saccheggiare e distruggere le abitazioni di decine di residenti. I jihadisti controllano il porto, una base aerea, la stazione elettrica e radiofonica, gli uffici pubblici, mentre l’università cittadina è chiusa.
I venti paesi che si sono riuniti a Vienna lo scorso lunedì avevano ribadito l’intenzione di derogare all’embargo sulle armi per rafforzare il Gna in nome della guerra all’Isis. Francia e Gran Bretagna hanno assicurato di stare preparando una risoluzione che permetta alle navi europee di fermare i trasferimenti di armamenti verso la Libia. Il paese è piombato nel caos proprio dopo i saccheggi dei centri di detenzione e delle armerie di Gheddafi. La Libia è quindi diventato il centro più fiorente per il contrabbando di armi in nord Africa. Al-Serraj, il cui governo non ha ottenuto la fiducia dei parlamenti di Tripoli e Tobruk, ha assicurato che consegnerà alle Nazioni unite una lista di armi di cui ha immediata necessità.
A Vienna si è discusso anche della formazione di una guardia presidenziale armata che possa difendere l’incolumità di al-Serraj. Il ministro degli Esteri italiano aveva riferito di un piano per inviare soldati a difesa dell’ambasciata italiana, quando si insedierà la nuova rappresentanza diplomatica. Infine, dovrebbero riprendere le attività nel porto di Hariga da dove era partito il cargo battente bandiera indiana, che doveva consegnare petrolio illegalmente nel Mediterraneo, ma poi fermato a Malta lo scorso mese. Questo dovrebbe permettere la ripresa della vendita di 150 mila barili di greggio al giorno, essenziali dopo il drastico calo degli ultimi anni.
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