by Simone Pieranni, il manifesto | 3 Maggio 2016 8:40
Ci voleva un’organizzazione internazionale come Greenpeace per squarciare il silenzio nel quale affondano i colpi di Europa, Stati uniti e multinazionali per la definizione dell’accordo sul Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip).
Greenpeace ha pubblicato su internet 248 pagine di documenti che consentono di prendere conoscenza delle fasi negoziali su alcuni temi specifici discussi per giungere all’accordo. Si tratta di decisioni che – se e quando arriveranno al loro punto finale – impatteranno sulla vita di quasi un miliardo di persone, annientndo gran parte delle conquiste fatte in tema di diritti sul lavoro, welfare, ambiente, clima. I sostenitori del Ttip parlano di «liberalizzazione» del mercato internazionale, necessario per stare al passo con i tempi, cercando di rinchiudere ancora una volta nell’antro di un’antistorica conservazione chi la pensa diversamente.
Questo presunto tentativo di rendere «armonioso» il mercato internazionale, migliorando la vita dei cittadini, però, è discusso in modo segreto, senza alcuna possibilità per la società civile di fare sentire il parere, salvo poi dover ratificare attraverso i propri rappresentanti in parlamento quanto deciso da altri. Inoltre, nonostante la propaganda, le posizioni tra Usa e Ue non sono vicine, specie su alcuni temi, e chissà che i leaks non comportino un intoppo fatale al prosieguo delle trattative.
Sabato 7 maggio a Roma ci sarà una manifestazione nazionale contro il Ttip. Per chi manifesterà, dunque, ci sono altri punti rilevanti a favore delle proprie argomentazioni, perché nelle 248 pagine rilasciate da Greenpeace trovano conferma molti degli argomenti contrari all’accordo. La necessità di rivelare documenti di questo tipo, per venire a conoscenza di alcuni dei temi in corso di discussione, enuncia già una particolarità del trattato, ovvero la completa segretezza (da poco è stata riservata una sorta di reading room a Bruxelles per i parlamentari europei) di quanto viene deciso.
Trattative segrete che ricadono per lo più su società civile e cittadini, visto che da quanto si sa e da quanto emerge dai documenti pubblicati da Greenpeace le multinazionali, al contrario di tanti altri, hanno invece voce in capitolo e completa conoscenza di quanto si sta decidendo. I punti oscuri dell’accordo sono tanti, si conoscono da tempo e metteranno a repentaglio diversi settori: quello dei diritti dei lavoratori, del welfare, dell’ambiente. Su tutto poi pesa come un macigno la procedura di risoluzione delle controversie tra stati e aziende (Isds) che finirà per favorire le multinazionali anche contro la legislazione nazionale. I documenti pubblicati da Greenpeace mettono in evidenza quattro rischi in caso di chiusura dell’accordo (benché le posizioni, in realtà, non siano così vicine come la propaganda pro-Ttip vorrebbe far credere): la scomparsa delle tutele ambientali che consentono agli stati di regolare il commercio «per proteggere la vita o la salute umana, animale o delle piante» o per «la conservazione delle risorse naturali esauribili»; c’è poi «la mancanza di alcun riferimento alla protezione del clima», la fine «del principio di precauzione per l’introduzione di sostanze pericolose come quelle chimiche» e l’apertura all’ingerenza dell’industria e delle multinazionali.
«È ora di far luce sul Ttip. Con questi negoziati segreti – ha affermato Federica Ferrario di Greenpeace Italia – rischiamo di perdere i progressi acquisiti con grandi sacrifici nella tutela ambientale e nella salute pubblica». Sul «principio di precauzione» ieri è arrivata la risposta della commissione europea. Intanto come precisato nel comunicato, «il principio di precauzione, inglobato nel Trattato Ue non è menzionato nei capitoli sulla «Cooperazione Regolamentare», né in nessuno degli altri 12 capitoli ottenuti».
La Commissaria al Commercio Ue, Cecilia Malmstrom, sul suo blog ha liquidato i leaks come una «tempesta in un bicchier d’acqua», sostenendo che il Ttip «non affosserà il principio di precauzione che differenzia l’approccio normativo dell’Unione europea da quello statunitense» e che si tratta di testi negoziali e quindi non definitivi.
Secondo Greenpeace i termini non sarebbero questi: «I documenti segreti resi noti oggi non fanno menzione del principio di precauzione sancito dall’Unione europea, che fornisce un più elevato livello di protezione per consumatori e ambiente».
Quanto al resto, di sicuro non si tratta di testi definitivi, ma indicano pur sempre un’intenzione molto forte da parte di Usa e multinazionali riguardo i propri «vantaggi» da ottenere con questo tipo di accordo.
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