by Angela Mayr, il manifesto | 24 Maggio 2016 10:25
VIENNA Ce l’ha fatta, dopo un’attesa al cardiopalmo e grazie ai voti arrivati per posta. Il nuovo presidente austriaco della repubblica si chiama allora Alexander Van der Bellen. Niente Norbert Hofer, niente primato poco onorevole di un primo presidente della repubblica di estrema destra in Europa. Pericolo scampato. Da ieri l’Austria può vantarsi invece di aver eletto il primo presidente verde in Europa. La differenza l’hanno fatta 31.026 voti, che hano permesso all’ex capogruppo dei Verdi di attestarsi al 50,3%. Hofer – che dal primo turno era uscito con un netto vantaggio del 14% – ha dovuto fermarsi al 49,7%. Il recupero di Van der Bellen è stato strepitoso, in pochi hanno osato sperarci, fatto che la dice lunga sullo stato di depressione che serpeggia nel paese. Che risulta spaccato a metà per la prima volta tra verde e azzurro, i colori dei partiti di opposizione. Ha prevalso il voto di apertura pro Europa e a favore dell’accoglienza dei rifugiati contro la logica dei muri e del miope egoismo nazionale. Alexander Van der Bellen ha vinto in tutte le grandi città del paese. A Vienna è arrivato al 70 %, in alcuni quartieri all’80%. Nelle campagne si è mantenuto il vecchio pregiudizio e persino paura nei confronti dei Verdi che li vedeva estremisti di sinistra dediti all’hashish, troppo anticonformisti. Così in sei regioni ha prevalso Hofer, votato anche per impedire che ci fosse un presidente Van der Bellen.
La spaccatura attraversa gli strati sociali. Hofer, facendo leva sulla rabbia verso l’establishment e contro gli immigrati che «rubano posti di lavoro e risorse» a deperimento dello stato sociale, è stato il più votato tra gli strati popolari, anche in due quartieri operai di Vienna ex rossi, come Simmering e Floridsdorf, ha ottenuto la maggioranza. Vistosa anche la differenza tra livelli di istruzione. Chi è andato a scuola fino alla maturità non è caduto nella seduzione populista di Hofer, al 69% ha optato per Van der Bellen. Quelli con poca scolarità, invece, hanno votato al 58% per Hofer. La frattura è anche per genere: per il candidato dei Verdi che sostiene il gender mainstreaming si è schierata la maggioranza delle donne, il 55%, mentre il candidato Fpoe, partito molto più maschilista, ha ottenuto una maggioranza del 53%. Il motivo di voto prevalente per Van der Bellen, indicato dal 40% degli elettori era il voto contro la destra, impedire a Hofer di diventare presidente. Come motivo di voto prevalente per Hofer, che ha vinto tutti i duelli televisivi un 27%, alcuni elettori hanno indicato simpatico, giovane e dinamico.
Colpiva durante la lunga attesa per i risultati la totale assenza dei partiti socialdemocratico e popolare alleati di governo, prima nella Hofburg dove si attendevano i risultati, ma anche dagli schermi televisivi. Spariti, così come lo erano dal primo turno delle presidenziali che stavolta hanno marcato una cesura storica. Solo ieri sera, a risultato sicuro, il governo è ricomparso. Un ruolo per la vittoria di Van der Bellen ha giocato probabilmente anche la nomina, una settimana fa, di Christian Kern a nuovo cancelliere socialdemocratico, succeduto all’impopolare Werner Faymann, già investito di grandi speranze per la sua promessa di cambiamento e nuovo inizio. Un progetto che ora esce rafforzato dalla elezione di Van der Bellen a presidente per il valore simbolico e la vicinanza di intenti.
Il ruolo stesso del presidente in verità – se interpretato nei termini tradizionali, come farà il nuovo inquilino della Hofburg – anche se un po’ più attivo, non è particolarmente rilevante, ma soprattutto rappresentativo. (Hofer dal canto suo aveva annunciato di volerlo interpretare diversamente, minacciando anche di licenziare il governo se non gradito).
Ma chi è Alexander Van der Bellen? 72 anni, economista e professore universitario, stile ironico e riflessivo, è stato portavoce e segretario dei Verdi dal ’97 al 2008. Figlio di rifugiati dell’Estonia cresciuto nel Tirolo nella nostra intervista (manifesto 20 aprile) affermò: «Trovo orribile erigere proprio al Brennero la fortezza Europa, là dove ci sono voluti 80 anni per aprire i confini alla libera circolazione delle persone e delle merci».
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