L’Austria al voto ultradestra favorita Controlli al Brennero scontro con l’Italia
VIENNA È dal 2000 che l’Austria non attirava tanta attenzione su di sé, da quando Jörg Haider andò al governo col cancelliere Schüssel, e l’Europa la sanzionò. E per rintracciare un’elezione del presidente della Repubblica che abbia fatto altrettanto rumore, bisogna andare indietro persino di 30 anni, quando Kurt Waldheim, uomo dall’oscuro passato nazista, divenne capo dello Stato.
Oggi quasi sei milioni e mezzo di austriaci sceglieranno il loro presidente della Repubblica tra due candidati anomali, Norbert Hofer, uomo dei Freiheitlichen, dei “nipotini di Haider” come vengono definiti in maniera un po’ sbrigativa, e l’indipendente Alexander Van der Bellen, ex leader dei Verdi, appoggiato dai partiti tradizionali. Per la prima volta nella storia del dopoguerra, i due candidati delle Volksparteien, popolari e socialdemocratici, non sono riusciti a neanche a passare il primo turno. E dopo mesi di inutile rincorsa della destra, il loro governo ha tentato ieri nuovamente di mostrare la faccia feroce per conquistare due voti in più. E ha annunciato, su pressione del Tirolo, che da martedì manderà 80 poliziotti al Brennero. «L’Italia non ha mantenuto le promesse – ha detto Guenther Platter, governatore del Tirolo -. Ci ha promesso più volte di voler attivare controlli rigidi nei treni e anche nella zona di confine. Ora sempre più spesso vengono osservati gruppi di profughi che raggiungono l’Austria a piedi. Tanto da farci chiedere se le rassicurazioni del ministro dell’Interno Alfano non siano state una manovra ingannevole, per evitare i controlli ventilati dall’Austria». Parole dure a cui l’Italia ha replicato con il sottosegretario con delega all’immigrazione Domenico Manzione: «Abbiamo grande rispetto per le campagne elettorali degli altri Paesi, ma abbiamo soprattutto grande rispetto per la verità: le dichiarazioni del governatore Platter non trovano conforto nei dati e spiace che vengano da un’autorità che ha concordato con noi la strategia di intervento».
I candidati delle presidenziali, in un clima incandescente, dominato dal tema dei profughi, si sono anche occupati del loro futuro ruolo, se vincessero la sfida di oggi. Van der Bellen ha dichiarato che mai accetterebbe di far giurare come cancelliere il capo della FPÖ, Heinz-Christian Strache. E Hofer ha minacciato di incalzare il governo attuale di Grande coalizione sulle questioni dei profughi e delle tasse e di mandarlo a casa, se dovesse ritenere le risposte insoddisfacenti. In teoria, il presidente della Repubblica austriaco «è più potente di quello francese», spiega il costituzionalista Stefano Ceccanti. E gli stessi manuali di diritto costituzionale definiscono quella austriaca «una repubblica parlamentare con i tratti di una repubblica presidenziale». Il Capo dello Stato, in virtù di una costituzione scritta nel 1929, frutto di un compromesso tra la destra e i socialdemocratici e ricalcata su quella della Repubblica di Weimar, ha ampi poteri. Finora, i presidenti della Repubblica non li hanno mai usati, interpretando il loro ruolo in senso restrittivo, come un ruolo di rappresentanza, somigliando insomma a quelli italiani o tedeschi. Ma le cose potrebbero cambiare.
L’articolo 70 della Costituzione riconosce il potere al Capo dello Stato di mandare a casa sia il cancelliere, sia il governo. Una prospettiva che mette qualche brivido. Ma, raggiunto al telefono, Wilhelm Brauneder, costituzionalista vicino alla FPÖ, fa riflettere sul fatto che «la nostra Carta del ’29 fu votata dai socialdemocratici perché al Parlamento fu riconosciuta una forte centralità»: se Hofer cacciasse il governo, quello nuovo dovrebbe passare attraverso il voto di fiducia. E il Parlamento attuale è a maggioranza rosso-verde. In teoria, il presidente può anche sciogliere il Parlamento e indire elezioni (articolo 29). Ma «sarebbe una forzatura che Hofer non farà», scommette Brauneder.
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