Il Jobs act francese imposto a forza da Valls
PARIGI Il governo fa ricorso all’arma avvelenata, per tentare di far passare la Loi Travail. Manuel Valls ha annunciato il ricorso all’articolo 49.3 (del Titolo V della Costituzione), che permette di approvare una legge senza voto del Parlamento, impegnando la «responsabilità del governo». Immediata risposta della destra: nel pomeriggio ha presentato una «mozione di censura», che sarà discussa giovedì 12 maggio pomeriggio. Se votata (ci vuole una maggioranza di almeno 289 deputati), il governo cade. Nel 2006 Hollande aveva definito il 49.3 «una brutalità, un diniego di democrazia».
È terremoto politico, dopo due mesi di proteste e manifestazioni.
Ieri alle 18, Nuit Debout ha invitato via sms e Faceboook a una prima protesta di fronte all’Assemblée nationale, contro «il passaggio forzato della Loi Travail. Forte tensione (lacrimogeni), proseguita agli Invalides. A metà pomeriggio i ferrovieri, che manifestavano per le condizioni di lavoro, hanno iniziato la protesta.
Giovedì, giorno previsto per il voto della «censura» della destra, è già in programma un’altra giornata di manifestazioni in tutto il paese.
Per domenica 15 maggio, che segna i 5 anni dall’inizio del movimento spagnolo 15M, Nuit Debout ha lanciato un appello per una giornata di proteste europee contro le scelte neo-liberiste (e il 18 maggio è anche previsto un corteo dei poliziotti del sindacato Alliance, molto a destra, contro i casseurs).
Ieri a Rennes ci sono state proteste e tensioni.
François Hollande ieri nel primo pomeriggio ha convocato un Consiglio dei ministri straordinario all’Eliseo, che ha dato il via libera al ricorso al 49.3, dopo due incontri infruttuosi con la “fronda” socialista, la mattina. La discussione della legge El Khomri è bloccata all’Assemblée al primo articolo, sono stati presentati più di 5mila emendamenti e non ci sarebbe stato tempo per arrivare al voto previsto il 17 maggio.
Mancano una quarantina di voti al governo per far passare la Loi Travail, di qui la scelta di forzare la mano, con il 49.3. Ma i dissidenti si ribellano.
Christian Jacob, capogruppo dei Républicains, invita la “fronda” socialista a votare la «censura» della destra. Christian Paul, tra i capofila dei dissidenti Ps, risponde che oggi «verrà presa una decisione collettiva, siamo costernati». Per Paul, l’obiettivo è «fare in modo che la Loi Travail non sia adottata».
L’eurodeputato Jean-Luc Mélenchon invita i parlamentari di sinistra ostili alla riforma del lavoro a votare la censura e parla di «fine regno crepuscolare». Accusa il governo di voler far passare «senza dibattito la legge El Khomri contro il diritto del lavoro».
Jean-Claude Mailly, segretario di Fo, chiede al governo di avere il coraggio di indire un referendum sulla Loi Travail: «Se fosse un testo di progresso sociale non avrebbero problemi di maggioranza». E aggiunge: «Non ci fermeremo».
All’estrema destra, Marine Le Pen accusa: «Per il governo l’obbedienza alla Ue è sempre più importante dell’espressione democratica del Parlamento». Per il deputato Dupont-Aignan, leader molto a destra di France Debout, «per obbedire a Bruxelles, Hollande preferisce tradire il popolo». Con le modifiche al testo iniziale, ormai anche il Medef (padronato) è contro la riforma.
La Loi Travail si sta trasformando in un suicidio politico della sinistra, a un anno dalle presidenziali, anche se il governo non dovrebbe cadere giovedì.
Ma la spaccatura a sinistra è ormai più che consumata. Il Front de Gauche e parte dei Verdi cercano di raccogliere le 58 firme di deputati necessarie per presentare anch’essi una mozione di censura e cercano di convincere la “fronda” del Ps. Il deputato socialista Christophe Caresche minaccia: «I socialisti che votano la censura saranno esclusi dal partito».
Valls ha cercato ieri di difendere la Loi Travail, di ricordare che l’ultima versione è frutto di un «compromesso» con i sindacati riformisti (la Cfdt in particolare) e che è un «testo importante per l’avvenire del paese, per il nostro modello scoiale», che «crea diritti» e ha «disposizioni a favore dei giovani».
Per Valls, la Loi Travail combatte la «dualità del mercato del lavoro». Per gli oppositori, invece, limita i diritti, con l’introduzione del diktat liberista della liberalizzazione dei licenziamenti sperando che vengano favorite le assunzioni e «l’inversione della gerarchia delle norme», dando la priorità agli accordi di impresa su quelli di categoria.
Ormai nessuno ascolta più nessuno, il dialogo è rotto.
Il governo ha già fatto ricorso al 49.3 tre volte nel 2015 (per far passare la legge Macron, di liberalizzazione).
Intanto, mentre all’Assemblea il clima era infuocato, il Senato ha votato il prolungamento dello stato d’emergenza fino a fine luglio, per coprire l’Euro 2016 di calcio e il Tour de France.
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