I terroristi dello Stato Islamico in Iraq questa volta hanno scelto di colpire quello che in tutto il mondo arabo è il segnale di riconoscimento dell’Occidente, il calcio. Alla mezzanotte fra giovedì e venerdì 3 miliziani dell’Is sono entrati in un bar di Balad che è anche un club del Real Madrid. Hanno iniziato a sparare immediatamente sui tifosi con i loro kalashnikov, hanno lanciato bombe a mano, uccidendo 18 iracheni e ferendone un’altra trentina.
Balad è una grande città a maggioranza sciita a 80 chilometri da Bagdad, vicinissima a Samarra, la città sacra agli sciiti in cui sorge la Malwiya, il minareto a spirale. L’Is è stato costretto da settimane a ritirarsi da quella zona, ma è a pochi chilometri, e i 3 attentatori sono riusciti ad aggirare almeno tre posti di blocco per arrivare al club del Real Madrid.
Il presidente del circolo Ziad Subhan racconta quello che ha visto: «Hanno iniziato a sparare appena sono entrati. Stavamo seguendo una partita del Real, ma loro odiano il calcio, dicono che è “haram”, che è contrario all’Islam». Non basta: due dei terroristi si sono fatti esplodere non appena arrivati i poliziotti che volevano fermare la strage: uccisi due agenti e altri due soldati di una milizia sciita filogovernativa.
Da Bagdad la federazione irachena ha chiesto solidarietà a tutto il mondo del calcio europeo: Il Real Madrid lo ha fatto immediatamente, e oggi giocherà con il lutto al braccio. Javier Tebas, il presidente della Liga spagnola ha scritto su Twitter: «Sono sconvolto dall’attacco contro un circolo del Real Madrid in Iraq, il terrorismo colpisce il calcio. Siamo vicini alle vittime e alle loro famiglie ».
La “guerra” dei jihadisti contro il calcio e contro i suoi tifosi non è una novità, anzi è una costante per ciascuno dei gruppi della galassia dello Stato Islamico di Boko Haram e di Al Qaeda. A gennaio nel 2015 furono assassinati 13 ragazzi perché stavano guardando in televisione una partita tra la nazionale irachena e quella giordana per la Coppa d’Asia.
Anche tra Somalia, Kenya e Uganda gli “Shabaab” somali hanno fatto decine e decine di morti fra tifosi o semplici spettatori di partite di calcio. In Somalia, nelle aree dove gli Shabaab hanno regnato a lungo, i primi segni del loro potere sono state le parabole satellitari e i televisori fatti saltare in aria nei bar. Nel luglio del 2010 sessanta morti in attentati a Kampala, la capitale dell’Uganda, mentre si giocavano le partite del mondiale. Ancora il 16 giugno del 2014 i terroristi collegati ad Al Qaeda attaccarono in Kenya una cittadina vicino Lamu, uccidendo decine di tifosi o di semplici passanti. Tutti, come i tifosi iracheni del Real Madrid, erano colpevoli di aver voluto concedersi qualcosa di incredibilmente blasfemo: guardare in tv una partita di calcio.
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