by GIULIANO FOSCHINI, la Repubblica | 7 Maggio 2016 10:22
TRANI Quella vendita nel 2011 da parte di Deutsche Bank di 7 miliardi di titoli di Stato italiani non fu una normale operazione di mercato. «Ma una condotta artificiosa, a carattere informativo e operativo, da ritenere manipolativa del mercato». Ed eccoci qua: dopo l’allora governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, e la Banca 121; dopo gli interessi sulle carte di credito dell’American Express; dopo le intercettazioni di Berlusconi che voleva chiudere il programma di Michele Santoro e dopo i processi ai colossi delle agenzie di rating; insomma dopo anni di clamori, ecco l’ennesima battaglia della procura di Trani. Che questa volta ha dichiarato guerra alla grande banca tedesca. «Non la filiale italiana ma quella di Francoforte» tengono a specificare in quello che probabilmente è il più bel palazzo di giustizia d’Italia (affaccio sul mare, Castello svevo e Cattedrale romanica) dove da tempo sostengono che dietro la grande crisi economica del 2011, che portò anche alla caduta del governo Berlusconi, ci sia stato in realtà un grande complotto della finanza internazionale.
Dopo un esposto dell’Adusbef, il sostituto procuratore Michele Ruggiero e gli uomini del nucleo di polizia tributaria di Bari si sono mossi su quella vendita di titoli di Stato italiani di Deutsche Bank che, secondo la Procura, era mirata a «manipolare il mercato». Per questo reato sono indagati l’ex presidente Josef Ackermann, gli ex co-amministratori delegati Anshuman Jain e Jürgen Fitschen (quest’ultimo è co-ad uscente della Banca) e altri due ex dirigenti.
Nelle scorse settimane le fiamme gialle hanno effettuato acquisizioni e perquisizioni nella sede milanese della banca ascoltando come testimone il responsabile italiano dell’istituto, Flavio Valeri. A lui è stato chiesto il perché in tre pubblicazioni nei primi mesi del 2011 prima Db sostenne che il debito italiano fosse sovrano e poi, invece, vendette bruscamente sul mercato tutti i titoli italiani che aveva in portafoglio. «Una vendita – scrivono gli investigatori – in pieno “over the counter”», effettuata cioè senza una corretta informazione ai mercato. E anche «giustificata falsamente a posteriori», scrive ancora la procura di Trani, con la necessità di ridurre la sovraesposizione con l’Italia dopo l’acquisizione di Postebank nel 2010. «Ma proprio in quel periodo – dice ancora la Procura – Db acquistò 1,4 miliardi di Credit Default Swap (Cds) di copertura sull’esposizione al rischio Italia». Acquisti che però furono comunicati, nella ricostruzione dell’accusa, soltanto nel giugno del 2011 con la pubblicazione dell’“Interim Report”. «Soltanto in quell’occasione – si legge negli atti – i mercati seppero improvvisamente della drastica, massiccia e repentina riduzione dell’esposizione al rischio Italia da parte di Db, interpretandola ragionevolmente e secondo le ordinarie logiche di mercato come un chiaro segnale di sfiducia del gruppo nei confronti della tenuta del debito sovrano italiano». Di questo, a procura chiederà conto all’ex presidente Romano Prodi e l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Deutsche Bank rigetta però tutte le accuse. «Riteniamo l’indagine priva di fondamento e siamo fiduciosi di avere agito correttamente » dicono. «Già nel 2011, quando la vicenda era emersa e Consob ci aveva chiesto spiegazioni, era stato chiarito che la diminuzione dell’esposizione della Banca verso i titoli di Stato italiani (e di altri Paesi europei) era legata in gran parte al consolidamento delle posizioni conseguenti l’acquisizione di Postbank da parte di Db (avvenuta a fine 2010). L’esposizione storica di Deutsche Bank al debito italiano (fatto salvo il picco derivante dall’acquisizione Postbank) era rimasta quindi sostanzialmente invariata».
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