Contrordine Usa: truppe in Europa

Contrordine Usa: truppe in Europa

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L’amministrazione Obama, si dice da anni, ha volto lo sguardo degli Usa definitivamente verso il Pacifico e gli interessi americani in quell’area a stretto contatto con la Cina. Da poche settimane è suonata la tromba del contrordine.

Mark Cancian, uno dei più autorevoli analisti del Csis, il Center for strategic and international studies, potente pensatoio della lobby militare con base a Washington, pur plaudendo decisamente all’inversione di rotta, si lascia scappare qualche notazione ironica parlando di «ritorno al futuro» e «operazione un po’ nostalgica».

In effetti la recente richiesta al Congresso del Segretario alla Difesa Ashton Carter di quadruplicare il bilancio delle forze armate statunitensi di stanza in Europa nel 2017 rompe una pratica ultra decennale di ritiro costante. E Cancian non fa mistero che quella che si va a inaugurare altro non sarebbe che una nuova stagione di Guerra fredda. Sì, perché l’obiettivo dichiarato di questo nuovo impegno americano sarebbe il contenimento della minaccia rappresentata dalla Russia di Vladimir Putin.

In quest’anno elettorale nessuno dei candidati alla successione di Barack Obama alla Casa Bianca se la sente di chiedere un aumento sostanziale del budget militare, già lievitato a 1.068 miliardi. Neanche Donald Trump che pure è sostiene la necessità che l’America torni «potente» in senso muscolare. La sua rivale Hillary Clinton di certo non è estranea agli interessi del cosiddetto complesso militare-industriale ma in questo momento è a caccia dei voti di Bernie Sanders e non può esporsi. Però si porterebbe avanti con il lavoro senza neppure sporcarsi le mani.

La formula per rimettere pesantemente gli scarponi e cingolati sul terreno del Vecchio continente è quello di rifinanziare l’European Reassurance Initiative (in sigla Eri), iniziativa messa in piedi per «rassicurare» gli alleati di non essere stati abbandonati dall’ex esercito «liberatore» di fronte alle nuove minacce dell’Orso russo in Ucraina e dintorni.

L’Eri era un’operazioncina di deterrenza armata lanciata da Obama durante la sua visita a Varsavia nel giugno del 2014, subito dopo l’invasione della Crimea, per la durata di un anno. Si trattava di affiancare la Nato per tutta una serie di esercitazioni giusto per far sentire a Putin il fiato sul collo.

Costo dell’operazione: un milione di dollari, che alla fine, con qualche taglio sono stati confermati anche per l’anno seguente. Ancora nel febbraio scorso in un faccia a faccia a Bruxelles con il ministro degli Esteri polacco, il Segretario Usa Ashton Carter si era limitato a garantire un rifinanziamento statico del programma Eri.

Il cambio di passo è più recente, lo scorso 27 aprile lo stesso Ashton Carter, in audizione davanti alla sottocommissione Difesa del Senato di Washington ha presentato la richiesta del Pentagono per correggere la voce di spesa inserita nel Fy2017 (Fiscal Years 2017) da 789 milioni di dollari a 3,4 miliardi secondo il memorandum per i piani e le operazioni speciali. E non è una tantum, perché – spiega Cancian – la spesa «è esplicitamente per il primo anno di un piano pluriennale». Quasi quanto gli Usa danno ogni anno a Israele per la sua sicurezza.

L’area è riservata a sei paesi della cosiddetta Operazione Atlantic Resolve: Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia e Lituania, la cintura protettiva della Germania in caso di «invasione russa». Se il budget verrà approvato in Campidoglio tre brigate corazzate verranno dislocate lì (una dall’Oriente) a partire da febbraio, più un team combat e il supporto logistico. Una forza di intervento rapido già dislocata sul terreno che, naturalmente, potrebbe essere riconvertita ad altri impieghi e emergenze.

Per il repubblicano John McCain, campione della lobby militare, presidente della commissione Difesa del Senato e ispiratore di questa inversione di rotta – che definisce l’Eri «un primo passo positivo per ristabilire la deterrenza in Europa» -, la Russia è la prima minaccia, seconda la Cina e solo terzo l’Isis inserito in un più generale problema di «instabilità in Medioriente», quarto l’Iran a pari merito con la Corea del Nord. Lo stesso Cancian certifica come le forze armate Usa nei contesti di «controinsurrezione e conflitti a bassa intensità» dall’Iraq all’Afghanistan alla Siria «hanno ormai un coinvolgimento quasi unicamente aereo».

Le truppe scelte, inclusa una quota dei 182 mila marines, resterebbero riservate per un conflitto di «alta fascia» come appunto quello simulato nelle esercitazioni in Nord Europa, con l’Italia nel ruolo di retrovia.
La corsa al riarmo è ripresa in grande stile e così la gara all’ammodernamento dell’arsenale tra Usa e Russia (vedi la flotta del Caspio). E tutti ci sentiamo molto rassicurati.



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