Carrai, la marcia indietro sull’intelligence
ROMA «Oggi di noi sanno più Google, Amazon e Facebook di quanto sappiano Guardia di Finanza, Carabinieri e servizi segreti messi insieme». Così parlava Marco Carrai lo scorso agosto al Meeting di Rimini, l’evento annuale di Comunione e liberazione. Tutte le informazioni che passano sulle piattaforme digitali (100 miliardi di miliardi di dati ogni anno) sono i Big Data, il settore del quale dovrebbe occuparsi l’amico fraterno di Matteo Renzi nell’ambito della sua consulenza col governo. Incarico a lungo rinviato, com’è successo anche l’altro ieri, tanto che a Palazzo Chigi non si esclude un passo indietro di Carrai, ovvero la rinuncia a entrare nello staff di Renzi. Il premier lo ha fatto capire sottolineando più volte, in conferenza stampa, che «la campagna mediatica contro sta influendo sulla decisione di Carrai. Non so se abbia cambiato idea ma io lo voglio ancora con me». Non scherzava. Un messaggio inviato soprattutto all’amico, infastidito per il fuoco di sbarramento che ha indebolito il suo ruolo fino a ridurne poteri e confini e, dicono, anche per la gestione maldestra della vicenda, culminata nei continui slittamenti del via libera.
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