Carcere, coro di «no» alla vendita di Regina Coeli, San Vittore e Poggioreale
«Non bastano riforme sulla carta, ma servono risposte concrete che coinvolgano tutta la società di cui il carcere raccoglie le criticità». Il capo del Dap, Santi Consolo, ha commentato così la notizia riportata ieri da Repubblica di un piano, proposto dalla Cassa depositi e prestiti e al vaglio del ministero di Giustizia, per vendere San Vittore, Regina Coeli e Poggioreale, i tre carceri storici più famosi d’Italia, al fine di finanziare il progetto di edilizia penitenziaria che prevede la costruzione di istituti nuovi e «più in linea con gli standard internazionali» nelle periferie di Milano, Roma e Napoli. Un progetto che via Arenula non ha ancora “sposato” ma sul quale il ministro Orlando sta riflettendo perché risulterebbe operazione assai complessa, la riconversione di queste antiche (e preziose) strutture ottocentesche in carceri moderne e adeguate ad assicurare una dignitosa qualità della vita dei detenuti e degli operatori. Il Guardasigilli però ha già chiarito la sua contrarietà a qualsiasi privatizzazione del sistema dell’esecuzione penale in carcere. Ma non all’alienazione delle strutture di proprietà del ministero di Giustizia.
Molti sono i «no» che si sono levati ieri in reazione alla notizia, dalle Camere penali locali ad alcuni sindacati di polizia penitenziaria. Tra le altre cose, ha spiegato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, «bisogna usare cautela nello spostare un carcere dal centro della città alla periferia, perché spesso è successo di creare carceri-ghetto, abbandonate, mal servite, dove familiari e volontari vanno con difficoltà e si mettono a rischio i diritti delle persone».
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