Migliaia di sbarchi disperati. E Alfano scopre «l’Africa»

by Gilda Maussier, il manifesto | 29 Maggio 2016 9:15

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Un’altra settimana da incubo, nel Mediterraneo, quella che si conclude oggi. Oltre 70 vittime e 12 mila migranti raccolti nel Canale di Sicilia sono il bilancio, purtroppo provvisorio, dei tre naufragi degli ultimi giorni. Secondo il racconto di alcuni sopravvissuti, sarebbero dispersi in mare almeno 400 persone, solo tra coloro che sono naufragati giovedì scorso e che viaggiavano a bordo di due grandi pescherecci partiti dalle coste libiche trasportando circa 500 passeggeri ciascuno.

Nella giornata di ieri si sono susseguiti gli sbarchi nei porti siciliani ma anche in Calabria e Puglia; oggi altri arriveranno in Sardegna.

Decine le operazioni di soccorso condotte principalmente dalle navi della Marina militare italiana e spagnola che pattugliano il mar Mediterraneo e coordinate dalla capitanerie di porto. Centinaia di persone, decine di minorenni, molti sotto l’anno di vita; 45 i cadaveri recuperati. Eppure non sono cifre record. Anche se il ministro dell’Interno Angelino Alfano, da Lecce dove ieri ha firmato un accordo per la sicurezza e per lo sviluppo del territorio di Gallipoli, in linea con lo spirito da campagna elettorale lancia l’ennesimo allarme. E, dimenticando che l’Europa ha fatto fin troppo e male per l’Africa, con i risultati che abbiamo appunto sotto gli occhi, dice: «Tutte le vittime che stiamo raccogliendo in mare sono la prova di quanto ancora l’Europa sia lontana e indietro nel rapporto con i Paesi dell’Africa. Va bene il soccorso in mare, ma se non si agisce in Africa, dando aiuti e sostegni a quei Paesi che possono darci una mano nell’impedire, nell’evitare le partenze, sarà sempre un’azione come quella di un portiere a cui arrivano tanti palloni in porta e qualche gol lo prende sempre».

Sono un «gol» dunque, per l’Ncd Alfano, gli oltre 400 profughi arrivati ieri a Trapani, tra cui 55 minori e 234 donne (altri 150, soccorsi nel Canale di Sicilia, attesi per oggi). Come lo sono gli 890 salvati con otto diverse operazioni e giunti a Catania. E le 526 persone (34 donne e 69 minorenni) provenienti da Eritrea, Gambia, Sudan, Etiopia e dall’Africa sub sahariana, tratte in salvo dai due gommoni e dalle due imbarcazioni di legno sulle quali viaggiavano e trasportate, insieme ad un cadavere, a Porto Empedocle (Ag) dal pattugliatore «Rio Segura» della Guardia civil spagnola. Sono un «gol» pure i 657 sbarcati a Pozzallo dal pattugliatore «Asso 29» tra i quali sei donne in gravidanza, 13 bambini piccoli, una donna scompensata con diabete, un’altra ferita alla testa, una terza con ferite da arma di fuoco, diverse persone disidratate e centinaia affetti da scabbia. E i 550 uomini, 148 donne e 7 bambini – somali ed eritrei – salvati dalla Marina militare spagnola e destinati all’hotspot di Taranto. E chissà se sono solo un «gol» o c’è anche qualche responsabilità per i 217 migranti, tra cui 15 minori non accompagnati, partiti una settimana fa da Alessandria d’Egitto e provenienti da Eritrea, Etiopia, Egitto, Sudan e Darfur, approdati nel porto di Vibo Marina sulla nave della Guardia di finanza «Montesperone» che li ha raccolti in mare. Infine – ma l’elenco rischia di essere incompleto – è attesa per domani in Sardegna una nave con a bordo 470 naufraghi partiti dalla Libia, che da Olbia è stata deviata a Porto Torres.

Numeri che, per quanto impressionanti, sono in linea, come riconosciuto anche il ministro Alfano, con «i dati dello scorso anno». «Questo però non ci fa dire che tutto va bene, ci mancherebbe – ha aggiunto il titolare del Viminale – Ci fa dire invece che queste continue azioni di soccorso stanno a dimostrare che occorre un accordo rapido con la Libia e con i Paesi africani da parte dell’Europa. Ora in Libia c’è un governo – ha concluso, anche se un governo c’è, a malapena, in Tripolitania – e dunque serve un accordo serio per riuscire ad arginare le partenze. Se faremo funzionare meglio gli strumenti internazionali e anche i soldi che mettiamo a disposizione dell’Africa, le cose potranno migliorare, sapendo che dall’altra parte c’è guerra, c’è persecuzione e tanta fame». Un attimo di resipiscenza che si dissolve presto nella stessa ricetta di sempre: per affrontare «l’emergenza», così la chiama Alfano, è necessario anche «organizzare i rimpatri» e creare «i campi profughi in Africa».

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