Sulla stessa lunghezza d’onda il sondaggio che il quotidiano Evening Standard ha commissionato all’agenzia YouGov, secondo il quale Khan conduceva con un 57% contro il 43 di Goldsmith.
Dunque gli exit poll fino a ieri confermavano la tendenza dei sondaggi precedenti. Questo nonostante, nelle ultime settimane e grazie forse anche al tono più aggressivo sfoderato da Goldsmith durante la campagna elettorale, il margine di Khan si era ridotto da sedici a undici punti sulle prime preferenze. Il sindaco di Londra, una figura creata nel 2000 e il cui primo eletto – per poi due mandati – è stato proprio quel Ken Livingstone responsabile dell’ormai notoria sparata sull’«Hitler filosionista» che ha dato l’ennesimo pretesto ai fin troppo numerosi avversari di Corbyn per disarcionarlo dalla leadership, si elegge secondo il cosiddetto «supplementary vote» un sistema che unisce primo turno e ballottaggio. Si danno la prima e seconda preferenza: se nessun candidato riceve più di metà delle preferenze, i primi due perverranno a un secondo round dove gli altri saranno eliminati e le seconde preferenze ripartite tra i due contendenti superstiti.
Khan è da molti considerato l’antidoto alla leadership di Corbyn, un segno necessario che il cuore moderato del partito batte ancora più forte che mai. Torna utile anche agli strenui avversari del rischio di Brexit, quando proprio qualche settimana fa il sindaco uscente Boris Johnson si era schierato contro il suo amico e sodale David Cameron a favore dell’uscita del paese dall’Unione (stessa cosa farebbe Zac Goldsmith, anche lui euroscettico di vecchia data).
È evidente che la questione della permanenza nell’Ue che infiamma i media e gli animi come pochi altri dilemmi in tempi recenti, saranno influenzati da chi occupa la poltrona di City Hall. E le terga di Khan su quello scranno costituirebbero un prezioso incoraggiamento verso il Remain, che gode dell’appoggio sfegatato del grande business e del mondo finanziario. D’altro canto, un Khan prigioniero della gabbia dorata del ruolo di sindaco lo terrebbe lontano dallo stesso Corbyn in un’ipotetica lotta per la leadership, rassicurando i Tories che vedono il Labour «radicale» simboleggiato dal segretario come in balia di tendenze ormai del tutto autodistruttive, ma allarmando ulteriormente la fronda moderata interna al partito, che cerca in tutti i modi un pretesto per liberarsene. Ieri non era soltanto una giornata decisiva per il futuro di Londra: si è votato per eleggere il sindaco a Bristol, Liverpool e Salford (vicino Manchester). Le urne erano inoltre aperte per i rappresentanti di 124 council inglesi – 2743 seggi.
E si sono tenute una ridda di tornate amministrative in Scozia, Irlanda del Nord e Inghilterra. In ogni caso, i riflettori restano puntati sulla travagliata leadership di Jeremy Corbyn: i sondaggi prevedono tregenda per il Labour che si vuole avviato alla decimazione in tutto il paese. Le operazioni di voto erano cominciate con un mattutino pasticcio al seggio di Barnet, quartiere a nord di Londra dove, alle sette, centinaia di elettori sono stati rispediti indietro, compreso il Rabbino capo di Barnet e sua moglie: c’erano degli errori nelle liste elettorali. La cosa non può non aver danneggiato ulteriormente Goldsmith – che è di origine ebraica – in una zona come Barnet, popolata com’è da una ricca borghesia ebrea e conservatrice.