Pil Italia all’1,1% e deficit al 2,4% ecco i numeri Ue

Pil Italia all’1,1% e deficit al 2,4% ecco i numeri Ue

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Sale di poco il deficit rispetto ai programmi del governo, scende un filo la crescita. Scostamenti minimi, non superiori allo 0,1%. È il primo passo per sapere se i conti pubblici italiani saranno promossi dalla Ue o se il governo di Matteo Renzi finirà commissariato. Sono le previsioni economiche di primavera che la Commissione europea pubblica oggi. Seppure con un leggero scostamento rispetto al Def approvato dal Consiglio dei ministri l’8 aprile, il quadro economico che sarà rivelato oggi a Bruxelles non sarà sfavorevole al governo italiano. Con l’accordo per un via libera a metà mese che sembra reggere.

Le bozze delle previsioni economiche che ieri sera circolavano tra le capitali, e sempre passibile di cambiamenti dell’ultimo minuto, attribuiscono all’Italia un deficit nominale del 2,4% nel 2016 e dell’1,9% nel 2017. Un leggero peggioramento su entrambi gli anni rispetto ai numeri del Def pari allo 0,1%. Ma pur sempre un lieve miglioramento rispetto al dato di partenza: Roma aveva chiuso il 2015 al 2,6%. Così come il dato migliora rispetto alle ultime previsioni pubblicate, a febbraio, da Bruxelles, secondo le quali l’Italia avrebbe chiuso l’anno al 2,5%. Dunque quel passo avanti sul deficit che la Commissione chiedeva all’Italia c’è stato, ma al Berlaymont viene ritenuto un po’ più corto rispetto a quanto non lo valuti il Tesoro.

Anche sulla crescita tra Roma e Bruxelles ci sono dati leggermente discordanti: se nel Def l’Italia aveva previsto un Pil dell’1,2% nel 2016 e dell’1,4% nel 2017, oggi Bruxelles dovrebbe mettere nero su bianco rispettivamente l’1,1% e l’1,3%. Dati che comunque non dovrebbero preoccupare. Fonti comunitarie direttamente impegnate sul dossier parlano di previsioni sostanzialmente in linea con quelle del governo, con scostamenti fisiologici rispetto al Def che si verificano un po’ con tutti i paesi dell’eurozona a causa di normali differenze di calcolo.

Oltre i numeri, arriva la politica. Da tempo il governo italiano e la Commissione europea hanno siglato un patto informale per arrivare alla promozione dei conti 2016 e 2017. Per l’anno in corso, Roma si era impegnata ad abbassare fino al 2,3% il deficit grazie a una serie di risorse da recuperare all’interno del bilancio dello Stato, senza manovra aggiuntiva. In questo modo il governo avrebbe usufruito di 14,5 miliardi di flessibilità, un’enormità (nel 2016 Roma avrebbe dovuto tagliare il disavanzo fino all’1,4%). Il fatto che ora per Bruxelles l’Italia sia di poco al di sopra dell’obiettivo concordato dietro le quinte, non dovrebbe portare alla rottura, confidano a Roma e confermano a Bruxelles.

Si dovrebbe dunque andare avanti come da programma, con la Commissione che il 18 maggio, giorno del giudizio che viene rinviato dallo scorso novembre, scriverà un rapporto per violazione delle regole europee da parte dell’Italia (articolo 126.3 del Trattato), visto che pur cumulando tutta la flessibilità a disposizione Roma sfora leggermente sul deficit e non rispetta la regola del debito. Ma nello stesso rapporto, come avvenuto nel 2015, la Commissione dovrebbe graziare l’Italia riconoscendo che la deviazione dei conti italiani non è grave ( some deviation e non significant deviation) e concedendo varie attenuanti. Ovviamente un via libera accompagnato da moniti e avvertimenti sul futuro. Almeno, questo è lo schema sul quale hanno lavorato Roma e Bruxelles e che al momento sembra reggere, anche se nessuno fino al 18 maggio può escludere al 100% sorprese negative.

Resta poi da gestire il 2017. Roma dovrebbe risanare fino all’1,1%, una botta da 20 miliardi. Sempre in via riservata, poco prima dell’approvazione del Def, il Tesoro e la Commissione avevano raggiunto un accordo per attribuire all’Italia un’altra dose di flessibilità, nonostante l’opposizione dei falchi. Fino all’1,8%, numero incorporato nel Def (lo sconto in questo caso è di oltre 11 miliardi). Oggi la Commissione comunque rileverà che l’Italia è già sopra all’obiettivo concordato, ma lo scostamento non dovrebbe creare problemi nell’immediato. Insomma, il 18 maggio Roma non dovrebbe finire sotto quella procedura Ue per deficit e debito molto simile a un commissariamento nel biennio elettorale.

Diverso il discorso se invece in autunno Renzi alzerà ulteriormente l’asticella, chiedendo uno sconto 2017 maggiore a quanto concordato per annullare le clausole di salvaguardia (aumento dell’Iva di 15 miliardi) e contemporaneamente abbassare le tasse, come promesso, in vista delle elezioni. In quel caso si aprirebbe un nuovo braccio di ferro dall’esito incerto, destinato a protrarsi, come quest’anno, fino alla prossima primavera.



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