I voucher utilizzati per coprire gli infortuni di chi lavora in nero
Il voucher per coprire l’infortunio e nascondere il lavoro in nero. All’Inail, l’istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, è scattato l’allarme: nel 2012 gli incidenti di lavoratori retribuiti con i ticket erano stati 436, nel 2014 si sono triplicati, arrivando a circa 1.400, per il 2015 non ci sono ancora i numeri definitivi ma tutto fa pensare che siano in crescita marcata. Anche le morti bianche dei voucheristi si sono raddoppiate: due nel 2013, sei nel 2014, quindici, ma le procedure di accertamento sono ancora in corso, nel 2015. E c’è di più: quasi sempre il pagamento del voucher (10 euro lordi di cui 7,5 destinati al lavoratore) coincide con il giorno dell’infortunio mentre in precedenza non risulta alcun rapporto tra il datore di lavoro e il lavoratore. L’indizio, appunto, che il voucher (acquistato prima) venga utilizzato solo per mascherare un rapporto di lavoro totalmente in nero che emerge solo quando arrivano gli ispettori o i carabinieri. D’altra parte mentre in generale il numero degli infortuni sul lavoro sta scendendo di oltre il 10% — complice, va detto, anche la lunga crisi economica che ha falcidiato l’occupazione — , quelli tra i lavoratori retribuiti con i voucher (nei quali è contenuta una quota destinata all’assicurazione e alla previdenza) tendono a crescere ben oltre il 200%, dopo che nel 2012 con la riforma del lavoro del governo Monti, è possibile utilizzarli in tutti i settori e non solo per i piccoli lavoretti. Nati come uno strumento agile per retribuire, appunto, il lavoro occasionale (aggettivo non a caso scomparso nell’ultimo testo legislativo) si stanno estendendo a macchia d’olio (solo nel 2015 anno l’incremento è stato del 66%). Dalla vendemmia fino alle aule universitarie, al posto — molto probabilmente — delle vecchie forme di precarietà (collaboratori di varia natura), anche se le rilevazioni ufficiali non colgono ancora le dimensioni (presunte) di questo trasbordo.
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