by Annalisa Cuzzocrea, la Repubblica | 4 Aprile 2016 18:03
ROMA. È un emendamento che viaggia di notte quello cui tenevano l’ex ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e il suo compagno, Gianluca Gemelli. La prima volta che appare è l’ora di cena del 17 ottobre 2014. Quando in commissione Ambiente alla Camera – dove si vota il decreto Sblocca-Italia – il presidente Ermete Realacci avverte che «il rappresentante del Governo ha testé presentato l’emendamento 37.52». A capirne per prima il contenuto è Mirella Liuzzi, deputata 5 stelle che interviene infuriata: «Questo emendamento autorizza e rende strategici Tempa Rossa, Ilva, gli stoccaggi di idrocarburi. È una cosa pericolosissima!». M5S e Sel attaccano. Il capogruppo pd – Enrico Borghi dice di non saperne nulla e chiede che si aggiorni la discussione. Ed è durante la sospensione che, nonostante la presenza di altri esponenti del governo, piomba nella sala Mappamondo l’allora viceministro allo Sviluppo Claudio De Vincenti. Prende da parte Realacci, c’è una discussione concitata che il presidente pd della Commissione non nega: «Lo scontro è stato aspro, ma io quell’emendamento l’ho dichiarato inammissibile – alle quattro di notte – perché era davvero troppo vasto. Potenzialmente sbloccava tutto quel che aveva a che fare con gli idrocarburi». Quel che diceva era che le disposizioni che valgono per le opere strategiche «si applicano altresì alle opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere necessarie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori esistenti». Non poteva essere scritto meglio per sbloccare i lavori che collegheranno Tempa Rossa all’oleodotto che da Viggiano, sempre in Basilicata, arriva a Taranto.
«Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se è d’accordo anche Maria Elena quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte», dice al telefono la Guidi a Gemelli. Che chiama il dirigente della Total Giuseppe Cobianchi: «Pare che oggi riescano ad inserirlo nuovamente, pare ci sia l’accordo con Boschi e compagni. È tutto sbloccato». E in effetti nel maxiemendamento alla stabilità, nella seduta (notturna) del 17 dicembre 2014 in commissione Bilancio al Senato, quella misura ricompare: «Dopo le parole ‘’per le infrastrutture e insediamenti strategici” si aggiunge ‘’nonché per le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria…”». Un mese prima, emerge dall’inchiesta, a novembre 2014, c’era stato un incontro tra il ministro Guidi, i rappresentanti della Total e il sottosegretario Simona Vicari. Il maxiemendamento passa grazie al voto di fiducia e non viene modificato. Le opposizioni protestano. La scheda di lettura che accompagna la legge spiega: «Da notizie di stampa pare che la norma sia tesa a sbloccare la costruzione della base logistica del giacimento petrolifero della Basilicata Tempa Rossa dell’Eni». «L’abbiamo scritta noi all’Economia su input del Mise – racconta il sottosegretario a via XX settembre Pierpaolo Baretta – poi, com’è prassi, l’abbiamo mandata al ministero per i Rapporti col Parlamento per il vaglio finale. Lo ha detto anche Renzi: la linea del governo era quella di completare il ciclo della lavorazione del petrolio estratto a Tempa rossa». Una linea che viaggia di notte. E che, secondo alcuni, è almeno in parte sterilizzata dalle norme inserite nell’ultima Stabilità per evitare i quesiti referendari sulle trivellazioni (ne è rimasto uno su sei), quando si decide «la soppressione del richiamo al potere sostitutivo della presidenza del Consiglio per le infrastrutture energetiche strategiche in caso di mancato raggiungimento delle intese con le Regioni».
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