Generación 0
Havana. Il nome se lo inventò Orlando Luis Lazo. Cominciò a parlare di Generación Año 0 (poi semplicemente Generación 0) per identificare il gruppo di scrittori cubani, di cui lui faceva parte, che cominciarono a pubblicare nell’anno 2000 (l’anno 0).
Un gruppo che, come spiega un altro dei suoi componenti, Ahmel Echevarría, era “abbastanza piccolo ma molto combattivo. Il nome serviva un po’ per identificarci, marcare in qualche modo una rottura, una differenza con il passato”. Il passato era quello degli anni ’90, gli anni duri del cosiddetto Periodo Especial (il crollo dell’Unione Sovietica significò il baratro per l’economia cubana che tanto dipendeva da quella del potente alleato). Gli autori della Generazione 0 hanno vissuto e attraversato da adolescenti o poco più che ventenni gli anni ’90 in cui si pubblicavano i libri di una generazione letteraria chiamata “i nuovissimi”.
A nomi più conosciuti (e appartenenti alla generazione degli anni ’80) come Leonardo Padura e Arturo Arango, si erano affiancati scrittori più giovani, molti dei quali cominciarono a pubblicare anche fuori di Cuba. Come Pedro Juan Gutierrez che nella sua Trilogia Sporca dell’Havana sintetizza graficamente quella che era stata la logica degli anni ’90 segnata dal “disincanto, l’assenza di speranza, la frustrazione. – come spiega l’intellettuale e scrittore Felix Julio Alfonso Lopez, anch’egli membro della Generazione 0 – Si assiste in quegli anni alla perdita di riferimenti, a una quotidianità segnata dalla sopravvivenza. La decada del ’90 – aggiunge – fu davvero durissima e la letteratura in un certo senso si appiattì diventando solo il riflesso di quella realtà”.
Nel 1999 si verificò un fatto destinato a fare il giro del mondo e a scatenare un dibattito acceso non solo a Cuba e negli Stati uniti. La crisi dei balseros (cubani che a partire dalla metà degli anni ’90 iniziano ad abbandonare in imbarcazioni di fortuna l’isola) salì all’onore delle cronache internazionali quando sulle coste nordamericane arrivarono, naufraghi, un bimbo (Elian) e sua madre. Il piccolo Elian si trasformò in una specie di ostaggio degli USA con il padre, rimasto a Cuba, che intraprese un processo legale per riavere il figlio. La vicenda diventò un affare di stato e venne in qualche modo utilizzata per “rilanciare dal punto di vista ideologico un recupero dei valori culturali della rivoluzione cubana, – dice Felix Julio Alfonso – quei valori che nella decada del ’90 si erano deteriorati notevolmente”.
E’ a partire dall’anno 2000 che questo rilancio di una nuova politica culturale della Rivoluzione comincia a farsi incisivo. Viene battezzata da Fidel Castro, Battaglia delle Idee. “Si trattava – dice Alfonso Lopez – di ripensare la logica di come le nuove generazioni si sarebbero reinserite in un discorso di difesa dei migliori valori della rivoluzione, del popolo cubano, della nazione. Questa nuova politica culturale ebbe molte traduzioni pratiche in quel momento: per esempio si decentrarono le università, si aprirono case editrici in ognuna delle provincie, ci fu una massificazione dell’educazione superiore, la nascita di riviste culturali in provincia, cosa del tutto inedita visto che Cuba è sempre stata havanocentrica e non solo per quel che riguarda la pubblicazione di riviste, si promossero nuovi concorsi e premi letterari”. Un fermento che evidentemente offrì a questi nuovi scrittori cresciuti nel periodo speciale una varietà di strumenti fino a quel momento inediti. Di fatto molti di questi autori avevano già nel cassetto un’opera ma non avevano avuto la possibilità di pubblicarla.
Ahmel Echevarría (classe 1974) ricorda che il gruppo inizia con una sorta di “guerriglia letteraria” che si traduce non solo in riunioni tra autori, ma anche nella diffusione, ovvero con
di testi critici sulle loro opere, recensioni, presentazioni di libri, il tutto attraverso una rete che va sviluppandosi e diffondendosi attraverso una rivista, ma anche internet (che comincia ad apparire nell’isola pur con mille difficoltà e carenze). “Volevamo trovare una fessura, uno spazio dove collocarci – dice Echevarría – e da lì poter diffondere e affermare una molteplicità di interessi che era un po’ anche come la nostra marca identitaria”.
Jorge Enrique Lage (classe 1979) coincide con Echevarría nel sottolineare che il nome Generación 0 “sorse dall’esigenza di rendere visibile un panorama differente, il nostro. Non eravamo solo un gruppo di amici che scriveva. Volevamo che la critica parlasse del nostro lavoro identificandoci come realtà ben definita”.
Se la battaglia delle idee avviata alla fine degli anni ’90 è rimasta imbrigliata nella burocrazia e nelle maglie di un “istituzionalismo” rigido, la Generación 0 ha continuato a portare avanti il suo discorso di rottura con un passato letterario che non sente vicino (quello di Lezama, Carpentier …. ) adottando come riferimenti anche canoni letterari stranieri. Così per esempio è facile vedere influenze di Carver, Brett Easton Ellis, David Foster Wallace. Le storie che scrittori come Echevarría, Lage, Michel Encinosa, Raul Flores raccontano non sono quelle dell’epica rivoluzionaria, sono invece storie minime, marginali, storie dell’altro, di chi non è mai stato il soggetto centrale di una storia. Non a caso parlano di storie sotterranee. Sono scrittori consapevoli di fare letteratura. Talpe che scavano per far emergere storie che a volte non sono nemmeno ambientate in una Cuba reale, ma in mondi fantastici o fantascientifici. E’ il caso di Lage, ma anche di José Miguel Sanchez.
A Lage non dà fastidio essere etichettato come autore di fantascienza anche se precisa che il suo interesse “è far sentire scomodo il lettore, farlo sentire a disagio partendo dall’immaginazione e dalla fantasia. Mi interessa inventare e sperimentare con la città, le situazioni che non mi importa rendere verosimili”. La Havana di Lage è una Havana fantasma. “Mi interessa – dice – violentare lo spazio urbano. Per me la Havana è qualcosa di traumatico, un luogo sospeso nel tempo, una città con molte carenze, sociali, umane e urbanistiche. Per questo non mi interessa parlare di lei con l’ammirazione del cittadino della capitale”.
Da gruppo soprattutto havanero la Generación 0 si è diffusa in tutta l’isola, finendo con l’identificare un gruppo più ampio di autori e autrici che sono il cuore vibrante della nuova narrativa cubana. In riviste come La Noria, pubblicata a oriente e co-diretta dal poeta di Santiago de Cuba Oscar Cruz e dal narratore di Guantanamo José Ramón Sánchez, si pubblicano recensioni, racconti, critiche di autori che condividono le inquietudini e le tensioni degli scrittori della capitale. Si tratta, per citarne alcuni, di Lesna Rodríguez (Camaguey), Jamila Medina (Holguin), Anisley Negrín (Santa Clara), Yuniel Riqueni (Granma).
Storie, idee, emozioni che rivelano la vivacità culturale dell’isola caraibica oggi al centro di molte e profonde trasformazioni.
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